In ebraico biblico non esiste un vocabolo per esprimere l’idea di una descrizione storica di avvenimenti del passato, anche per questo motivo è estremamente difficile nella Bibbia distinguere tra il resoconto storico vero e proprio e la riflessione teologica su questo resoconto. Le narrazioni storiche dell’Antico Testamento – anche quando fanno riferimento a fonti più antiche (come ad esempio nei libri dei Re o nei libri delle Cronache) – presentano sempre un racconto storico di stampo teologico. Dal punto di vista archeologico non si ha praticamente nessuna testimonianza che gli avvenimenti narrati nella Bibbia fino a dopo la morte di re Salomone siano realmente accaduti. Abramo, Mosè, la conquista della terra ma anche Davide e Salomone sono molto probabilmente personaggi letterari. Ma anche i racconti successivi, che trattano di re realmente esistiti – Jehu, Omri, Acaz etc. –, trasmettono chiaramente una riflessione sulla storia e non un semplice resoconto più o meno obiettivo. La narrazione storica si trova sempre in una condizione di interscambio tra cause ed effetti, e nel caso dell’Oriente antico – all’interno del quale si colloca anche l’Antico Testamento – il racconto storico riflette sempre l’interazione tra le divinità e l’uomo. Questo collegamento è l’elemento fondamentale. Gli autori della narrazione storica del popolo d’Israele riflettono il passato per riuscire a spiegare e a comprendere il presente.
Solo a partire dalle opere di Hekataios di Mileto (ca. 560-480 a.C.), di Erodoto di Alicarnasso (ca. 484-430 a.C.), di Tucidide (ca. 460-400 a.C.) o di Xenofonte (ca. 430-355 a.C.) inizia a svilupparsi in Grecia una nuova forma di storiografia, che consideriamo l’origine della nostra idea di storiografia, ovvero di raccontare la storia. L’autore, che viene nominato esplicitamente, cosa che nel testo biblico non succede mai, si pone in una posizione critica ed investigativa nei confronti degli avvenimenti passati con l’intenzione di descrivere come questi siano realmente accaduti. Fa questo presentando la sua descrizione come obiettiva e distaccata da qualunque intenzione interpretativa. Anche in questo caso si tratta naturalmente di un espediente letterario. Una descrizione storica obiettiva, nel senso di neutrale e indipendente da ogni forma di precomprensione e intenzione non è mai esistita, nemmeno al giorno d’oggi.
All’interno dell’Antico Testamento si trovano numerosi indizi che mostrano come già a partire dalla prima età dei re (X/IX sec. a.C.) si sia iniziato a produrre opere storiche nella forma di annali e di liste di regnanti. La caduta del regno del Nord (Israele), che nel 722/720 a.C. fu conquistato dall’impero assiro, fu molto probabilmente la causa che scatenò l’inizio della messa per iscritto di un’opera storica più ampia. Questa non si soffermò solo a descrivere i mitici inizi della storia di Israele ma si occupò soprattutto della descrizione dello sviluppo della monarchia e della storia dei re. Nel corso dei secoli il bisogno di reinterpretare la propria storia diede luogo ad almeno tre grossi movimenti storiografici: quello deuteronomistico, quello cronistico e quello sacerdotale. Questi utilizzarono, rielaborandole, fonti più antiche e furono completati nel periodo esilico e del primo post-esilio (deuteronomismo), nel periodo persiano – vale a dire tra il 539 e il 332 a.C. (sacerdotale) – e in età ellenista (cronista). Ogni opera storica ha una funzione teologica particolare. L’immagine della storia presentata dal sacerdotale è caratterizzata soprattutto dall’idea della divinità come ciò che di fatto conduce i regnanti e dirige la storia, per il deuteronomista e il cronista è invece fondamentale fornire un’interpretazione della storia che mostri come coloro che hanno rispettato la legge abbiano avuto successo e che chi invece l’ha infranta è stato punito.
Per comprendere l’opera storica dell’Antico Testamento è anche indispensabile riconoscerne il carattere particolare. Si tratta fondamentalmente di una letteratura “di resistenza”, nata nel periodo delle crisi assiro/babilonese, persiana e ellenistica. I testi vogliono fornire speranza e soprattutto una spiegazione della tragedia dell’esilio e della distruzione di Gerusalemme. Per fare questo vengono utilizzati resoconti di avvenimenti storici, anche se l’intento degli autori è soprattutto didattico.