Don Salvatore Lavorato è arrivato lo scorso dicembre nella comunità cattolica di Mannheim, guidata negli ultimi anni da don Theo Hipp, parroco e cooperatore pastorale di Mannheim centro. Don Salvatore è un sacerdote della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea in Calabria. Ha studiato filosofia e teologia a Roma e il 6 aprile del 2002 è stato ordinato prete. Parliamo con lui della sua scelta per la Germania.
- a cura di Paola Colombo
I primi dodici anni sono stato in Calabria, parroco in diverse piccole comunità. Ma l’apertura di mente a cui mi aveva portato studiare a Roma, la mia predisposizione a lavorare con i più lontani e quelli che non frequentano molto la chiesa, la mia voglia di esplorare nuovi orizzonti mi hanno fatto osare. Quindi ho presentato la mia disponibilità all’ufficio Migrantes, a Roma e sono stato contattato per un colloquio. In realtà si prospettava il Belgio, ma bisogni impellenti dell’ultimo momento mi hanno portato prima in Svizzera. A Monaco di Baviera ho frequentato un corso intensivo di tedesco e poi ho cominciato subito il lavoro nel canton Zurigo. Per sei anni sono stato missionario per la comunità italiana di Uster, a circa 10 km da Zurigo e poi un anno come parroco a Winterthur, sempre nel canton Zurigo. Ma come per tutti gli italiani, ha continuato anche in me ad agire una sottile e silenziosa nostalgia della terra natìa, che mi ha portato a provare un rientro in Italia, nella mia diocesi calabrese, a fine 2021.
Pur essendo stato accolto e amato tantissimo dalla comunità di Sorianello, dove ho prestato il mio servizio, ho avuto subito la sensazione di aver fatto un errore. Mi mancava l’apertura e l’aria più progressista che avevo trovato in Svizzera e questo mi ha dato il coraggio, dopo non poche difficoltà, di ripresentare domanda a Roma e spiegare le mie motivazioni al vescovo.
Il resto è storia. Oggi le vocazioni vivono una grande crisi e le partenze per l’estero sono ormai quasi azzerate. Il mio desiderio di farlo e il fatto che già parlassi un po’ di tedesco, hanno spalancato le porte per la Germania. Mi sono messo in contatto con don Gregorio, responsabile nazionale delle missioni. Subito in sintonia con lui, mi ha presentato diverse possibilità. Il colloquio avvenuto all’inizio di dicembre con la diocesi di Friburgo ha avuto un ottimo esito ed eccomi qui, felicemente trasferito a Mannheim.
Conoscere la lingua tedesca è un grande vantaggio per te e per l’arcidiocesi di Freiburg. Che esperienza hai avuto con le comunità cattoliche italiane in Svizzera? Anche se sei da pochi mesi in Germania, noti delle differenze nel modo in cui le missioni di altra madrelingua sono inserite nella Chiesa e nel rapporto con le parrocchie locali?
Sono giunto qui sicuramente aiutato dall’esperienza fatta in Svizzera. Le due realtà ecclesiali sono molto simili ma presentano anche delle differenze. Lo è per esempio l’obbligo in Svizzera di seguire il cammino di formazione catechetica (in preparazione ai Sacramenti di Comunione e Cresima) nella parrocchia, quindi in missione e in lingua italiana non è permesso fare catechismo. È il loro modo di sottolineare l’integrazione necessaria di tutti gli immigrati nella parrocchia a cui si appartiene. Lo concedono però per i “ritardatari”, giovani che non hanno fatto il percorso consueto e chiedono il sacramento da adulti… così come anche per i corsi prematrimoniali, occasione per me di grandi incontri con coppie che tuttora seguo.
La Germania però mi ha fatto un regalo grande: l’integrazione linguistica, che mi sembra ogni giorno più indispensabile e forse spesso ancora trascurata. Credo di aver imparato più tedesco in questi questi mesi che in sette anni vissuti a Zurigo, dovendo celebrare anche in tedesco periodicamente e dovendo preparare un piccolo impulso (predica). Per il resto, credo che si segua un percorso molto simile nella collaborazione tra parrocchie locali e missioni di altra madrelingua.
L’arcidiocesi di Friburgo sta modificando l’assetto territoriale delle parrocchie (vi legga l’intervista a mons. Birkhofer A servizio di chi cerca Dio | Delegazione-mci), ci saranno 36 grandi parrocchie comprendenti diverse comunità, quelle locali tedesche e quelle di altra madrelingua. È un processo in atto in tutte le diocesi e che si compirà entro il 2030. È un passaggio che ti preoccupa? Preoccupa la comunità italiana?
A dire il vero non ho notato grande preoccupazione in merito. Anzi, è stato bello per me vedere come anche gli italiani siano interessati al progetto pastorale che si sta pian piano partorendo in attesa della data di inizio che per Mannheim – comunità pilota nel progetto diocesano – sarà già il prossimo gennaio 2026. Per questa data è previsto l’arrivo del nuovo decano che sarà il parroco di tutta la città, mentre noi tutti saremo suoi collaboratori. Ogni tanto un’immagine colora i miei pensieri ed è una immagine bella che mi dà gioia e speranza: probabilmente stiamo costruendo la nuova Chiesa, quella fondata sulla correzione dell’errore di Babele che ha portato alla divisione di tutti.
“Vogliamo essere la Chiesa di Cristo, una con tutti e per tutti”
Per quanto siano passati pochi mesi dal tuo arrivo, che impressione hai della comunità cattolica italiana di Mannheim? Quanto è grande? Ci sono giovani?
Hai ragione, sono pochi mesi e non mi sento di dare una risposta che potrebbe essere inadeguata. La mia considerazione iniziale però è che è una comunità molto grande, dove la presenza di alcuni giovani riempie il mio cuore e conferma la mia convinzione che tante persone, anche molti giovani, cercano Dio, lo cercano davvero. Purtroppo noi molte volte non abbiamo saputo comunicarlo e li abbiamo persi. Forse sono un po’ induriti nei confronti della chiesa, ma di sicuro sono alla ricerca di Dio. Su questo cercheremo di lavorare insieme. Per il resto, la comunità è davvero molto bella. Sicuramente presenterà i suoi problemi, ma non esiste comunità che non lo faccia. Intanto con grande stima e affetto sono stato accolto e spero di ricambiare con un servizio gioioso, leale nella verità.
Chi ti ha seguito al tuo arrivo?
Al mio arrivo ho trovato Pfarrer Theo Hipp, che è stato nominato Leiter, dirigente della comunità per un breve periodo trasformatosi invece in 5 anni. È difficile non voler bene a don Theo. È difficile non apprezzare le sue qualità umane e cristiane nonché le sue doti intellettuali. Con garbo e gentilezza ha sostenuto questa comunità che oggi, avendo visto il suo amore per gli italiani e per la Chiesa intera, lo stima ancora di più e non ha parole per ringraziarlo del suo instancabile servizio pastorale. Io sono stato nominato suo cooperatore per un momento iniziale. Insieme abbiamo trovato un buon equilibrio e da subito ho cercato di sostenerlo nel suo programma lodevole di creare ponti di collaborazione tra la missione e la comunità locale. Dal primo settembre lascerà la direzione della comunità italiana, ma non lascerà sicuramente i nostri cuori e la futura collaborazione è già desiderio manifestato da entrambi.
Quali sono le tue priorità quando la comunità sarà affidata a te a settembre?
Non sono un prete che sa fare grandi progetti pastorali. Dall’inizio del mio percorso ho sentito una indole particolare per i lontani, quelli delle periferie che non hanno molto a che fare con la comunità cattolica. Sicuramente saranno loro il mio primo pensiero, perché il Signore ci ha mandato a cercare le pecore perdute… ma cercando comunque di non trascurare quelle che sono già nell’ovile e che meritano allo stesso modo cura, amore e dedizione. La musica è il mio linguaggio preferito, con il quale cercherò di arrivare anche ai giovani e scoprire con loro come Dio parli a noi anche attraverso doni e carismi straordinari che tutti abbiamo.
Il mio sogno nel cassetto è diventata ora anche una priorità, perché la vita è bella ma è anche breve e dobbiamo cercare di vivere piacendo a Dio e non cercando il plauso del mondo. Tanti separati o divorziati risposati si sentono fuori dalla Chiesa, giudicati e condannati addirittura a non poter fare la comunione mai più… Tante persone appartenenti al mondo LGBT vivono lo stesso dramma di esclusione e giudizio… Tanti, cercando Dio in diversi modi e luoghi, hanno bisogno della sua parola ristoratrice e del suo abbraccio paterno, a volte in noi lo trovano, a volte, ahimè, no.Tutto questo mi sta particolarmente a cuore e sarà, con l’aiuto di Dio e la benedizione del suo popolo, il mio assillo quotidiano. Vi chiedo di accompagnare il mio servizio e questa bella comunità con la vostra preghiera.