L’autobiografia di papa Francesco: Life. La mia storia nella Storia

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„Fare memoria, camminare insieme e proteggere. Non possiamo permettere che le nuove generazioni, incluse quelle attuali, perdano la memoria di quanto accaduto, una memoria viva che possa aiutare a dire di generazione in generazione: mai più!

Questa frase raccoglie il senso del libro autobiografico di papa Francesco “Life. La mia storia nella Storia” (HarperCollins Italia Editore, 2024), scritto in collaborazione con il giornalista vaticanista del gruppo Mediaset, Fabio Marchese Ragona. La frase sopra citata è presa dal capitolo in si cui parla delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Nel 2019 Bergoglio fece un viaggio di pellegrinaggio al Memoriale della Pace di Hiroshima. Nel libro rivive l’orrore di quell’evento catastrofico attraverso i racconti del confratello gesuita Pedro Arrupe, missionario in Giappone in quegli anni, scampato al disastro. Le città erano diventate un lago di fuoco, ci furono centomila vittime per l’esplosione e ancora di più, in seguito, a causa delle radiazioni nucleari. Quei racconti colpirono il giovane Jorge tanto da voler andare in missione in Giappone ma non glielo permisero per motivi di salute:
“Se mi avessero mandato in quella terra di missione, la mia vita avrebbe imboccato una strada diversa e magari qualcuno in Vaticano sarebbe stato meglio di adesso”, scrive con lieve ironia. In questi tempi di “terza guerra mondiale a pezzi” papa Francesco ci riporta ai disastri della Seconda guerra mondiale, attraverso quello che lui, bambino, sentiva raccontare dagli adulti: l’apprensione nelle lettere dei famigliari in Piemonte, l’orrore della Shoa nei racconti degli immigrati ebrei polacchi in Argentina, volti senza sorriso: “i migranti portano con sé un bagaglio enorme di esperienze e di storie che possono arricchirci e aiutarci a crescere. Parlando appunto della Seconda guerra mondiale, ho ascoltato i racconti di quel conflitto anche dalla voce degli immigrati polacchi in Argentina”.

Life. La mia storia nella Storia
Copertina di Life ©HarperCollins Italia Editore

Si legge della guerra, della costruzione della pace nei capitoli successivi. È un libro, per tutti, che trasmette il senso della memoria della storia recente. Ma c’è chiaramente dell’altro. Veniamo a conoscere come è cresciuto il piccolo Jorge, ci sono dettagli e aneddoti della sua vita, l’atmosfera di casa, la devozione verso nonna Rosa, le partite allo stadio con la famiglia, che cosa lo ha formato, le sue scelte. Sul collegio dei salesiani dove frequentava la scuola scrive: “il collegio creava, attraverso il risvegliarsi della coscienza nella verità delle cose, una cultura cattolica che non era bigotta e disorientata”. Risvegliare la coscienza alla verità delle cose e questa è la pietà verso gli altri: “Lì, per esempio ho imparato ad aprirmi agli altri”.

Il senso di Life. La mia storia nella Storia non è parlare di sé, né assecondare la curiosità di credenti e non credenti per questo Papa venuto dai confini del mondo. È parlare di sé per parlare di altro. Per riflettere sul presente e per orientare le nostre scelte. Questo intento si manifesta ovunque, in ogni capitolo lo si respira: “Pensiamo che anche tanti nostri familiari sono stati migranti! Anche loro, magari, nei Paesi in cui approdavano erano considerati i cattivi, i pericolosi. E invece erano solamente alla ricerca di un futuro per i loro figli. ‘Dov’è tuo fratello?’ chiede il Signore a Caino… non prestiamo attenzione a ciò che Dio ha creato e non siamo più capaci di custodirci gli uni, gli altri”.

Francesco ripercorre la sua vita attraverso i grandi eventi degli ultimi ottant’anni della storia dell’umanità. Eventi hanno avuto e hanno tuttora influenza sulla sua vita e su quella di tutti noi. Siamo chiamati ad esserne consapevoli. È l’intreccio fra la storia degli individui nella grande Storia, un intreccio che, diretto o indiretto, è sempre dato e condizionante per ciascuno di noi. È un chiamarci dentro la Storia, nel mondo in cui viviamo; leggere il grande libro del mondo per la nostra vita e per la trasmissione alle generazioni future. Non a caso si intitola Life, vita, quella che Dio ci ha dato, ci ricorda Francesco. Il libro si articola in 14 capitoli che portano titoli legati ad avvenimenti mondiali; questi eventi vengono presentati dal coautore Ragona e diventano l’occasione per il Papa di raccontare quell’epoca della sua vita, per riflettere sui terribili avvenimenti passati e da lì pensare a come vogliamo dar forma al presente. Viene così anche messo in luce il valore della Storia con la esse maiuscola, come fonte di conoscenza. Ciò che è accaduto, che è passato alla Storia, è diventato conoscenza condivisa e coscienza collettiva. Sono punti fermi, fatti, incontrovertibili, acquisiti per tutti. Tra le righe c’è l’attenzione per la comunicazione, recentemente espresso con apprensione in un appello per l’informazione onesta contro le falsificazioni, le fake, e il disorientamento che queste provocano.

“La nostra vita è il libro più prezioso che ci è stato consegnato”, si legge nell’introduzione che riporta le parole del papa in un ciclo di catechesi dedicato al discernimento. Raccontare la propria vita a qualcuno è “una delle forme di comunicazione più belle e intime” perché “permette di scoprire cose fino a quel momento sconosciute, piccole e semplici, ma, come dice il Vangelo, è proprio dalle piccole cose che nascono le cose grandi”. È il valore della testimonianza di vita che si consegna agli altri. Papa Francesco ci consegna l’autobiografia di ottant’anni della sua vita, e nei suoi ricordi si inseriscono pezzi di storie di vita di altri. Una scrittura pacata, mite dove si sorride, per esempio nel capitolo La mano de Dios, ovviamente si parla di Diego Armando Maradona, l’incontro con lui, la finale dei mondiali del 1986 contro i tedeschi mentre Bergoglio era in Germania a Boppard fino ad arrivare alla devozione verso “Maria che scioglie i nodi”, dipinto secentesco nella Perlachkirche ad Augusta, che non ha visto nell’originale.

Maria che scioglie i nodi
Il dipinto Maria che sciogli i nodi di Johann Georg Schmidtner, XVII secolo. Fonte: Wikipedia

Le dimissioni di Benedetto XVI. Ma veniamo ai tempi più recenti. Il capitolo della elezione al soglio pontificio del cardinale di Buenos Aires porta il titolo Le dimissioni di Benedetto XVI. Scrive “Benedetto mi illustrò i passi che aveva compiuto, allontanando gente che faceva parte di lobby, intervenendo in casi di corruzione, segnalandomi altre situazioni in cui era necessario prendere provvedimenti e dicendomi chiaramente che il testimone passava a me per occuparmene“. E del rapporto con il suo predecessore scrive: „Mi ha invece addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli“. Nel capitolo finale Una storia ancora tutta da scrivere c’è la sua ecclesiologia, come vede il futuro della Chiesa cattolica e risponde a chi pensa e scrive che Francesco stia “distruggendo l’immagine del papato, perché ha annullato le distanze con la gente…”. Il Papa sa di avere osteggiatori e forti oppositori, non solo in Vaticano, non solo fra i cattolici, ma anche fra coloro che cattolici non sono ma sono i cosiddetti atei devoti che vorrebbero una Chiesa ieratica e ferma nel tempo: “Oggi non è più giusto creare distanze, Gesù non stava al di sopra del popolo, era parte del popolo e camminava insieme a esso”. E con saggia ironia: “se fossi andato dietro a tutte le cose dette e scritte su di me, non avrei più avuto tempo per far nulla e avrei bisogno di un consulto psicologico ogni settimana”.

Non pensa a una rinuncia:
Solo se subentrasse un grave impedimento fisico allora ci sarebbe una rinuncia, come aveva scritto in una lettera depositata nella Segreteria di Stato, all’inizio del suo pontificato. „Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c’è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare“.

E aggiunge che il Vaticano è l’ultima monarchia assoluta, e che “C’è sempre chi tenta di frenare la riforma, chi vorrebbe rimanere fermo ai tempi del papa-Re”. L’eco della dichiarazione Fiducia Supplicans e delle reazioni critiche che ha suscitato presso alcune diocesi, soprattutto in Africa, è ancora ben presente. Il papa non teme lo scisma ma sogna una Chiesa accogliente:

«Immagino una Chiesa madre, che abbracci e accolga tutti, anche chi si sente sbagliato e chi in passato è stato giudicato da noi. Penso alle persone omosessuali o transessuali che cercano il Signore e che invece sono state respinte o cacciate». Il Papa conferma «le benedizioni alle coppie irregolari: voglio soltanto dire che Dio ama tutti, soprattutto i peccatori. E se dei fratelli vescovi decidono di non seguire questa strada, non significa che questa sia l’anticamera di uno scisma, perché la dottrina della Chiesa non viene messa in discussione».