Cinzia Ficarra: „Essere testimoni, senza paura“

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Referente pastorale
Cinzia Ficarra, referente pastorale della Comunità San Giorgio di Stoccarda, ©DRS/Jerabek

Intervista a Cinzia Ficarra, nuova referente pastorale nella Comunità San Giorgio di Stoccarda Centro – Cinzia Ficarra ha ricevuto l’incarico di referente pastorale nella diocesi di Rottenburg-Stuttgart dal vescovo ausiliare Matthäus Karrer durante la cerimonia nella chiesa di St. Stephanus in Wasseralfingen (Aalen) lo scorso 3 luglio. Con lei sono stati incaricati altre nove donne e quattro uomini. Il lungo cammino che l’ha portata nella comunità italiana di Stoccarda è cominciato in Sicilia, dove è nata e cresciuta.

Come sei arrivata da Palermo alla diocesi di Rottenburg-Stuttgart?

Inizialmente ho intrapreso gli studi di psicologia ma dopo un anno mi sono resa conto che non era ciò che cercavo, che la psicologia non era il taglio che faceva per me. Sono quindi passata alla teologia, ho cominciato ad appassionarmi alla ricerca teologica. Ho studiato a Palermo, presso la Pontificia facoltà teologica San Giovanni Evangelista.

In Italia con la teologia puoi solo insegnare a scuola o intraprendere la carriera accademica, cosa molto difficile. Grazie all’esperienza che ho fatto a Monaco di Baviera con i padri scalabriniani e alle suore del Bell’amore sono venuta a conoscenza della possibilità di diventare Pastoralreferentin e questo faceva per me: lavorare con le parrocchie, avere il contatto con la gente, poter spaziare, non solo stare coi ragazzi ma anche con gli adulti, gli anziani e non solo scuola, catechesi, ma anche andare negli ospedali. Mi sono quindi candidata nella diocesi di Stoccarda, ho fatto un anno di praktikum a Tubinga e poi tre anni di Ausbildung a Waiblingen.

Hai lavorato e lavorerai anche con la comunità tedesca?

Durante la Ausbildung ho lavorato per la parrocchia tedesca, per la comunità italiana e ho lavorato nella scuola. Il mio nuovo lavoro come Pastoralreferentin a Stoccarda Centro è con gli italiani ma ho la possibilità di collaborare per piccoli progetti con la comunità tedesca. Ci dobbiamo ricordare che non esiste più solo la comunità italiana ma che siamo inseriti nelle Unità pastorali (struttura della diocesi di Rottenburg-Stuttgart, n.d.r.) per cui è importantissima questa collaborazione. È una cosa bella, un arricchimento per le comunità italiane e c’è la possibilità di comunione, di essere noi stessi con la possibilità di incontrarci. Certo, molto dipende dagli operatori pastorali delle comunità di lingua madre e dall’apertura delle comunità tedesche, dai parroci tedeschi.

Thomas Raiser, referente pastorale uscente (perché ha raggiunto l’età di pensionamento) della comunità italiana di Waiblingen, che ti ha seguito in questi anni, ha detto che hai fatto l’esame per la predica in lingua italiana. Spiegaci un po’: puoi tenere una predica e l’esame l’hai fatto in italiano?

Si, durante i tre anni di formazione a Waiblingen ho avuto la possibilità sia nella comunità italiana che nella comunità tedesca di predicare. Nella nostra diocesi infatti già da tempo è permesso ai laici di commentare la Parola di Dio durante la celebrazione eucaristica. L’esame poi normalmente si fa in lingua tedesca, nel mio caso proprio perché ero inserita in entrambe le comunità, abbiamo chiesto alla diocesi la possibilità di tenere questo esame nella mia lingua madre. Non era tanto per agevolarmi ma era un modo per far presente alla diocesi che nelle comunità di altra madrelingua ci sono persone preparate, che possono dare un aiuto, un contributo. La domanda è stata approvata e hanno scelto come esaminatore padre Jean Bonamé della comunità di Leonberg. Thomas era molto orgoglioso perché da sempre si batte perché anche noi di madrelingua abbiamo un ruolo nella diocesi dal momento che facciamo parte della stessa chiesa.

Come sono state recepite le tue prediche dalla comunità italiana?

Devo dire bene. Ho avuto piena accoglienza e anche se all’inizio ero titubante a fare la predica davanti agli italiani, mi sembrava stranissimo, invece ho sentito la comunità vicina che mi ha sostenuta anche durante l’esame.

Cinzia Ficarra riceve l’incarico a referente pastorale dal vescovo ausiliare Matthäus Karrer nella chiesa di Sankt Stephanus in Wasseralfingen (Aalen), 3 luglio 2021 ©DRS/Jarebek

Il vescovo ausiliare Matthäus Karrer nella cerimonia per il tuo/vostro mandato vi invita a un impegno coraggioso, a superare i confini e a essere ponte. Che cosa significa questo per te?

Dobbiamo pensare a una pastorale che va a cercare le persone che va incontro alla gente, che va a cercare i giovani, gli adulti, gli anziani questa è la prima sfida. La seconda è non avere paura di annunciare Gesù, perché a volte noi cristiani, viviamo la fede come una cosa intima, personale come se ci vergognassimo di essere cristiani. Non aver paura di dire di essere cristiani, di aver incontrato Gesù nella propria vita e di volerlo annunciare e essere credibili per gli altri, non limitarsi alle quattro pareti della chiesa, essere fantasiosi, non aver paura di osare, di inventarsi nuove strade, nuovi progetti, penso che in questo momento di grande oscurità per la chiesa sia la strada: essere testimoni senza paura.

La Chiesa tedesca ti ha offerto una strada di servizio pastorale che non c’è in Italia.

Si, la Germania mi ha  offerto certamente una grande possibilità: quella  di poter dare il mio contributo teologico e spirituale in quanto donna e cristiana. Questo non è poco, perché spesso in Italia la voce delle donne è limitata ai contesti accademici o nelle parrocchie alla catechesi dei bambini. Spero pertanto di dare  alla comunità di Stoccarda, dove dal 1° Settembre ho iniziato il mio servizio pastorale, questo apporto competente ma soprattutto di essere una presenza gioiosa di comunione.