Sinodalità, la missione di far arrivare il Vangelo a tutti – Che cos’è la sinodalità? (parte terza)

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Slide (©Donata Horak) della conferenza online su sinodalità e missione

Un anno fa ha preso avvio il sinodo universale sulla sinodalità che proseguirà fino al 2024. Ora ci troviamo nella tappa continentale. Ma che cos’è la sinodalità? Donata Horak, teologa canonista, lo spiega partendo dalle tre parole chiave del sinodo: comunione, partecipazione e missione. In questa terza parte parliamo di sinodalità e missione. 

Il testo che segue è costituisce la terza parte della relazione “Per una Chiesa sinodale” che la teologa Donata Horak ha tenuto in videoconferenza in occasione del Convegno dei laici della Delegazione (21 maggio). Questo mese concludiamo la relazione sulla sinodalità con il terzo tema: missione, rapporto fra centro e periferia. Nei mesi precedenti abbiamo trattato di sinodalità e comunione, e di partecipazione e autorità. Questi testi sono pubblicati sul sito della Delegazione-mci.de, mentre la relazione è visibile sul canale youtube UDEPDELEGAZIONE. Donata Horak, piacentina, è docente di Diritto Canonico.

(dalla relazione di Donata Horak)

Tutte le riforme sinodali che stiamo portando avanti hanno l’unico obiettivo di vivere la missione che Cristo ci ha affidato: che il Vangelo arrivi a tutti, che sia una casa per tutti. Non lo facciamo per noi stessi, per conservare la Chiesa, le sue istituzioni e il suo ruolo pubblico. In particolare il rapporto fra centro e periferia, fra universale e particolare è molto delicato e dovrà trovare uno sviluppo diverso. Per realizzare una comunione autentica dobbiamo superare il centralismo che si alimenta di una visione monarchica: i singoli vescovi, il vescovo di Roma, la Santa Sede. Il centralismo dà sicurezza perché fornisce una visione di una chiesa apparentemente forte. Avere la stessa liturgia in ogni parte del mondo è un aspetto bellissimo dell’universalità. (Universalità e centralismo però non dovrebbero coincidere, n.d.r.). Il rapporto fra centro e periferia, fra universale e particolare è delicato e dovrà trovare uno sviluppo diverso. In futuro per essere una Chiesa autenticamente sinodale dovremmo ampliare le competenze legislative delle conferenze episcopali, dare loro maggiore autonomia (senza per questo diventare Chiesa nazionale), celebrare più spesso i concili particolari, creare nuovi organismi organizzativi di tutto il popolo di Dio e che non siano solo dei vescovi e nei quali le diverse componenti possano vivere la sinodalità.

Credo che dovremmo avere il coraggio di superare l’uniformismo disciplinare, rituale, ministeriale. Non è detto che tutte le chiese abbiano necessariamente tutti i ministeri. Se per esempio, la chiesa in Amazzonia è pronta per avere dirigenti di comunità perché non deve poter procedere, non bisogna aspettare che anche la Chiesa cattolica sudafricana o tedesca e in ogni parte altra del mondo sia pronta per la stessa riforma. Probabilmente avrà bisogno di altre forme ministeriali. Sinodalità significa questo ampio respiro, questa maggior libertà dello spirito. Ricordiamoci che l’obiettivo di tutto questo non è per noi per dire che siamo organizzati, che siamo forti o che siamo una voce forte nella società ma questo processo è per il mondo, è per il Vangelo. In Evangelii Gaudium si legge: “La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo” (46). La sinodalità ci insegna anche a rallentare il passo, piuttosto che rompere la comunione a suon di maggioranza che schiaccia le minoranze, è meglio aspettare, aspettiamoci, senza cadere nell’immobilismo, continuiamo a parlare, discutiamo di tutto, viviamo anche il conflitto ma parliamo tutti insieme della riforma che salvaguarda la nostra comunione, che ci rende più credibili di fronte al mondo. Non vogliamo una Chiesa preoccupata di essere il centro, che si chiude nella sua gabbia di procedimenti, di diritto, di istituzioni. Non è per noi, è per il mondo, ricordiamoci che fuori dalla porta c’è un mondo che aspetta il Vangelo, una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta “Date loro voi stessi da mangiare”.


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Vai al canale UDEPDELEGAZIONE per rivedere la videoconferenza sulla sinodalità della teologa Donata Horak