Scrivere in tempi di crisi

416
Professor Dr. Simone Paganini, Lehr- und Forschungsgebiet Biblische Theologie der RWTH Aachen

A differenza della società odierna con la sua sovrabbondanza di input mediatici, nel primo millennio a.C. i testi scritti erano una rarità. Le tavolette di argilla, i papiri o i rotoli di pergamena venivano scritti solo quando era assolutamente necessario.

(di Simone Paganini)

Per questo la maggior parte dei testi che oggi chiamiamo “Bibbia” è nata in situazioni di crisi, quando alla classe dirigente (per lo più di stampo religioso/sacerdotale) è sembrato opportuno adottare misure per proteggere la comunità da uno sradicamento religioso o culturale e garantirne l’identità.La prima di queste crisi fu la distruzione del regno di Israele da parte degli Assiri nel 722 a.C. Nel regno confinante, quello di Giuda con la sua capitale Gerusalemme, temendo di fare la stessa fine del regno di Israele, si iniziò a mettere per iscritto le proprie leggi e i propri miti.

La cultura dominante assira influenzò molto questo processo. La versione originale del libro del Deuteronomio, ad esempio, è strutturata come un trattato di vassallaggio assiro e la storia del piccolo Mosè salvato dalle acque è la copia della leggenda della nascita del re assiro Sargon.

La seconda crisi è legata al cosiddetto periodo dell’esilio, dopo che Gerusalemme fu conquistata dai babilonesi nel 587 a.C. Il tempio fu distrutto, la città fu bruciata e la classe dirigente con i suoi sacerdoti fu deportata. Per poter affrontare la catastrofe della perdita della sovranità politica, culturale e religiosa, questi ex funzionari di corte e del tempio composero un resoconto storico utilizzando uno schema molto semplice: il popolo d’Israele non ha rispettato le leggi divine ed è stato quindi punito. Gran parte della storia che inizia con la creazione nel libro della Genesi e finisce nel secondo libro dei Re nasce in questo periodo.

Oltre a questa spiegazione negativa si volle anche dare una speranza per il futuro e così vennero aggiornate vecchie tradizioni all’interno delle quali Dio guida e protegge il suo popolo e alla fine gli dona la terra: un’immagine di speranza per gli esuli a Babilonia. Le due idee – quella negativa e quella positiva – si mescolano anche in molti libri che spiegano il presente analizzando il passato: i libri dei profeti.

In molti casi si riconosce addirittura un “processo dialogico”. Alcuni gruppi di autori hanno reagito a testi di altri autori e viceversa. Alcuni di questi collettivi erano di stampo sacerdotale o conservatore (Ezechiele, Gioele, Michea), altri invece rappresentavano un atteggiamento più tollerante verso i popoli e le culture straniere (Isaia, Geremia, Giona).

La terza grande crisi fu innescata ben due secoli dopo, ma non da una violenta conquista militare, bensì culturale. Dopo le vittoriose campagne di Alessandro Magno anche il giudaismo dovette confrontarsi con la cultura greca dominante: l’ellenismo. Testi già esistenti furono rivisti e riadattati. Accanto a libri universalistici che tentano di creare una sintesi tra ebraismo ed ellenismo – come Giobbe, Proverbi, Sapienza, Cantico dei Cantici o Qoelet – vi sono narrazioni che difendono posizioni nazionalistiche – come i libri dei Maccabei o di Daniele.

Anche donne hanno probabilmente partecipato a questo processo. Nei libri che si sospetta possano essere stati redatti da ambienti più femminili (Ruth, Giuditta, Tobit, Ester) le donne sono sempre più protagoniste.

La Bibbia, in sintesi, non è stata dettata da Dio, né è stata scritta da singoli veggenti. Si tratta di una raccolta di testi, che nella loro diversità sono stati compilati, discussi e infine scritti all’interno di gruppi di persone, che erano a loro agio nella cultura del loro tempo.

Questi non hanno mai voluto registrare solo fatti storici. Volevano piuttosto creare identità e offrire interpretazioni della storia. L’autorità del testo biblico non si risolve quindi nel fatto che sia stato “dettato” direttamente da Dio, ma che sia piuttosto un’opera composta da molte persone concrete e molto diverse tra loro: la Bibbia è un’opera dialogica.

Anche se non sappiamo esattamente chi ha scritto cosa e quando, i testi biblici rimangono proprio per questo attuali attraverso i secoli.