Ripartire come popolo sacerdotale

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Screeshot
Un momento del Mini Convegno 2021

La ripartenza personale e comunitaria – Mini Convegno della Delegazione in videoconferenza – 22 e 23 settembre – Apertura del nuovo anno pastorale –

Come consuetudine la Delegazione ha aperto il nuovo anno pastorale con un Convegno che prende impulso dai temi attuali della Chiesa tedesca della quale siamo parte. In particolare le questioni legate alla vita sacerdotale oggi (Forum II) e al ruolo delle donne nella Chiesa (Forum III) del Synodaler Weg (pag. 18) hanno dato al Delegato, padre Tobia Bassanelli, lo spunto di riflettere con il Mini Convegno sulla missione sacerdotale di tutti in forza del battesimo. Qui proponiamo una sintesi degli interventi. Perché Mini Convegno? Perché è stato breve, articolato in due giornate, in vista della preparazione al Convegno europeo della Migrantes (novembre, Roma) dedicato alla chiamata dei cristiani in Europa, tema questo affine al Mini Convegno. Le registrazioni del del Mini Convegno, articolate in cinque momenti sono disponibili sul sito di Antonio Caponegro, tonino.de:

  • Le catastrofi bibliche. La visione biblica sul dolore del biblista Simone Paganini, docente di teologia all’ università RWTH di Aachen.
  • Alla scuola della pandemia. Capire i segni dei tempi del missionario di Wiesbaden, Giuseppe Cagnazzo, già presidente della commissione liturgica della diocesi di Taranto.
  • Il sacerdozio di Gesù, il sacerdozio del credente, del biblista Fernando Armellini
  • La vita sacerdotale oggi. Documenti del secondo forum del Synodaler Weg a cura di Marwan Youssef, missionario e biblista di Lippstadt
  • La donna nella Chiesa. Documenti del terzo forum del Synodaler Weg a cura di Flavia Vezzaro, dottoressa in pedagogia e baccaloreato in teologia, collaboratrice pastorale di Wuppertal.

Non si riprenderà come prima dopo la pandemia. Questo è stato l’esordio di Simone Paganini, ed è stato sempre così nella storia all’indomani di un evento catastrofico. Nel suo excursus nel mondo antico, Paganini porta l’esempio della peste di Atene con un approccio moraleggiante (Tucidide): muoiono coloro che hanno una vita dissoluta e che non ascoltano il volere degli dei; e un approccio oggettivo (Lucrezio) che descrive le cause naturali del male. Anche oggi c’è chi vede nella pandemia un castigo divino (si veda l’articolo Il Covid non è né opera del diavolo né castigo di Dio, CdI, marzo 2021, pagina 19). Nella Bibbia, e per la prima volta nella riflessione teologica dell’umanità, Dio è la causa di tutte le esperienze umane, positive e negative. Isaia (45, 5-7) in questo è molto chiaro: “Io sono il Signore e non c’è alcun altro…faccio il bene e provoco sciagura”. Con Isaia, ha proseguito Paganini, si afferma per la prima volta il monoteismo esclusivo. La giustificazione dell’esistenza del male, la teodicea, ha direttamente a che fare con il monoteismo e la teologia ha dato a questo problema risposte differenti e mai esaustive.

Non si riprenderà come prima dopo la pandemia. Che cosa ci insegna la pandemia? Da qui è partita la riflessione di don Giuseppe Cagnazzo. La tentazione forte è di ritornare a fare ciò che si faceva prima ma risorgere non è tornare alla vita di prima. Spesso le comunità sono frequentate solo per ricevere i sacramenti e per far celebrare tante messe. Ma la pastorale non è solo la messa e questo significa che la celebrazione deve diventare più significativa. Come andare oltre? Va rimesso al centro il kerigma, l’annuncio, per ritornare al nucleo vitale che ci fa essere Chiesa. L’idea che la nostra gente ha di Dio rende urgente il kerigma per liberarci di idee fuorvianti di Dio, come di un tappabuchi che ci salva con un evento straordinario. Occorre liberarsi dal clericalismo e da una concezione tridentina della Chiesa che punta sulla centralità del prete. Don Giuseppe invita a ripensare la Chiesa a partire dal modello proposto dal Concilio Vaticano Secondo di una chiesa domestica che apra alla dimensione di responsabilità dei laici e che nelle comunità metta al centro la vita di ciascuno per instaurare relazioni semplici e autentiche.

Aprire alla dimensione di responsabilità dei laici, ci porta immediatamente all’intervento di Fernando Armellini, che da biblista e studioso delle fonti, ci ha fatto vedere che cosa significa essere sacerdote nella tradizione ebraica. Nel Nuovo Testamento c’è invece la partecipazione e la corresponsabilità delle comunità, si parla di presbiteri più che di sacerdoti. Nei Vangeli Gesù viene presentato nella linea dei profeti e non in quella dei sacerdoti. Gesù diventa sommo sacerdote nella Lettera agli Ebrei cambiando la prospettiva con l’immagine del sacerdote ebraico, perché sacerdote è colui che diventa simile ai fratelli per espiare (nel senso di avere pietà, compassione) i peccati del popolo.

Come intendere il sacerdozio oggi? La Chiesa tedesca si interroga su questo nel Synodaler Weg e don Marwan Youssef ne ha esposto i contenuti principali dello stato attuale delle riflessioni. I testi del forum II citano frequentemente la Lumen Gentium (la seconda costituzione del Concilio Vaticano Secondo) secondo la quale il sacerdote non è la personificazione di Cristo, ma di tutti i battezzati. Fra il sacerdozio collettivo e quello dei preti c’è una differenza di ruoli. Il sacerdote compie un ruolo, quello di Cristo, e in questo è delegato da Cristo e dai fedeli. Pertanto non è investito di un potere divino ma compie un servizio. E alla luce del suo servizio, il celibato, secondo il testo analizzato, è strumentale, diremmo non sostanziale, alla vita della comunità. Infine la chiamata al kerigma ci conduce a vedere il ruolo delle donne nella Chiesa. Su forum III del cammino sinodale tedesco ha riferito di Flavia Vezzaro.