Abramo viene considerato il fondatore delle tre grandi religioni monoteistiche: l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam. Tutte e tre queste religioni adorano un’unica (in greco mónos) divinità (in greco theòs) e dichiarano che non esiste un’altra divinità al di fuori di questa. Se questa affermazione vale per l’islam sin dai suoi inizi, per il cristianesimo e soprattutto per l’ebraismo una fede monoteista è invece frutto di una lunga evoluzione. La Bibbia stessa conosce un gran numero di divinità.
– di Simone Paganini –
Il primo dei dieci comandamenti – “non avrai altro Dio al di fuori di me” – ne è la testimonianza più eclatante. Anche il Dio biblico sa che esistono altri dei, infatti comanda di non adorarli. Il mondo biblico è fondamentalmente politeista: Israele ha un suo Dio, gli altri popoli ne hanno altri.
Ma anche il dio unico di Israele non sembra essere sempre lo stesso. Nella Bibbia appare infatti con nomi diversi. Il primo di questi nomi è elohim. In ebraico antico si tratta di una forma plurale, il cui singolare el identifica la divinità più importante di una tribù o di una persona. La Bibbia nomina ad esempio l’el di Abramo, l’el di Isacco e l’el di Giacobbe. Questo viene chiamato a volte el shaddai (il potente). La schiava egizia della moglie di Abramo, Agar, chiama il suo Dio el roi (colui che mi vede). Nei salmi ritorna spesso el sebaot (colui che guida le schiere dell’esercito celeste). A un certo punto si creò un movimento teologico volto a unificare le caratteristiche dei diversi elohim nella visione di un dio unitario. In questo modo la forma plurale del nome venne ad identificare un Dio collettivo.
Da una visione politeista si era passati a una visione monoteista
Così, oltre a questa denominazione più generale – elohim – che viene tradotta comunemente con il termine “Dio”, a partire dal IX secolo a.C. iniziò a diffondersi un altro modo di identificare il Dio d’Israele, che ha più il carattere di un nome proprio e che viene normalmente tradotto con le quattro lettere dell’alfabeto che appaiono anche nella Bibbia: YHWH. Questo Dio in alcune iscrizioni – come ad esempio in quella di Chirbet el-Qom – viene presentato insieme a sua moglie, la dea Ashera. Originariamente si pensava molto probabilmente a una coppia di Dei. YHWH dio del fulmine e del tempo atmosferico e Ashera la dea della fertilità.
La pronuncia di queste quattro consonanti YHWH, e quindi del nome di Dio, non è oggi più ricostruibile con assoluta sicurezza.
Dare il nome a qualcuno nel contesto culturale dell’oriente antico, significava avere potere su questa persona. Per questo era proibito pronunciare il nome di Dio. In tutti i passi della sacra scrittura dove questo appare viene letta la parola ebraica aedonay, che significa “signore”. Quando a partire dall’VIII secolo d.C. un gruppo di rabbini iniziò la grande opera di vocalizzazione del testo consonantico della Bibbia per tramandarne l’esatta pronuncia, sembrò loro utile inserire un segnale che permettesse di riconoscere il nome di Dio come tale e prevenire che questo fosse letto per errore ad alta voce. Per questo inserirono tra le consonanti del nome YHWH non le vocali corrette, ma le vocali del termine aedonay. Nel corso dei secoli il risultato di questo miscuglio tra le consonanti di una parola con le vocali di un’altra è stato compreso erroneamente sia da non giudei sia da persone che avevano scarse conoscenze dell’ebraico e si iniziò a pronunciare il nome di Dio leggendo le vocali sbagliate, ovvero YaeHoWaH. Il termine Geova in ebraico non significa assolutamente nulla.
Nello scontro con i popoli confinanti e ancor più con le potenze militari che lo conquistarono, Israele ha sviluppato nel corso dei secoli l’idea di una divinità personale ed unica. Dalla prospettiva che questa divinità fosse la sola per Israele, si arrivò alla confessione di fede che al di fuori di questo Dio non ve ne fosse un altro per nessun altro popolo. Si giunse così alla formulazione del principio di un monoteismo esclusivo che sarà ripreso nel cristianesimo – non senza difficoltà perché il trovare il sistema per far coesistere Dio padre, Gesù e lo Spirito Santo in una sola divinità durerà almeno sei secoli – e soprattutto nella tradizione islamica.