Preparare alla cresima in pizzeria

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Pizzaiolo all’opera. ©Dorinda Martella su Pixabay

Comunità cattolica italiana di Stoccarda. Chiesa in uscita, andare incontro alla gente – La pizzeria fa venire in mente l’uscita fra amici, una compagnia piacevole e spensierata che si ritrova mangiando insieme qualcosa di gustoso. Gesù, poi, amava sedersi a tavola per incontrare e parlare con le persone più disparate. La tavola è luogo di incontro privilegiato. Sappiamo della centralità della mensa eucaristica nella liturgia.
In questo caso la pizzeria non è luogo dove andare a mangiare ma di lavoro. Padre Daniele, scalabriniano, della comunità cattolica italiana di Stoccarda, va in pizzeria a incontrare i cresimandi, a fare catechesi sul loro luogo di lavoro.

Da quali esigenze, padre Daniele, ha avuto l’idea di preparare alla cresima in pizzeria?
Ho incontrato ragazze e ragazzi che mi chiedevano di fare la cresima e quando ho detto loro che era necessario prepararsi con della catechesi, mi hanno risposto che non avevano tempo perché impegnati con il lavoro. Ho chiesto loro quando avessero tempo, la risposta è stata che, lavorando in gastronomia, sono sempre impegnati di sera o nei fine settimana. Ho insistito con la mia richiesta circa il loro tempo libero e la risposta è stata che hanno pausa dalle 14:00 alle 17:00. Allora ho proposto loro di fare il catechismo dalle 15:00 alle 16:00, da loro in pizzeria. Hanno subito accettato. Ho posto la condizione che si facesse solo la catechesi per la preparazione alla cresima senza mangiare e bere.
Di quante persone stiamo parlando e che età hanno?
Sono otto fra ragazze e ragazzi che lavorano e hanno fra i 20 e i 30 anni. Loro stessi hanno chiamato altri giovani nei dintorni e per comodità ci troviamo sempre nella stessa pizzeria.
Come ha incontrato questi cresimandi?
Li ho trovati visitando le famiglie oppure si sono presentati in vari momenti delle attività della comunità. In alcuni casi sono loro stessi che hanno detto di conoscere qualcuno che non ha ancora fatto la cresima e quindi ho detto loro di avvisarli che c’è questo corso.
Dietro questa iniziativa, che è un esempio di Chiesa in uscita su cui insiste papa Francesco, che idea di pastorale c’è?
C’è l’idea di venire incontro alle necessità della gente e secondo le loro possibilità per aiutarli a mantenere il loro filo diretto con Dio.
Come reagiscono questi giovani a prepararsi a un sacramento in un luogo “diverso”, atipico?
Reagiscono bene. Sono interessati e puntuali agli appuntamenti. Si vede che sono giovani che hanno bisogno di avere l’istruzione religiosa. Il nostro fondatore san Giovanni Battista Scalabrini è stato nominato l’apostolo del catechismo, perché si è adoperato molto in quella direzione. Io non sono degno minimamente di fare quello che ha fatto lui, ma un po’ del suo zelo me lo ha trasmesso.
C’è bisogno di altre pratiche simili di Chiesa in uscita?
Nella pastorale è necessario essere creativi. Se si presentano situazioni che lo richiedono, bisogna essere elastici e inventare anche cose simili. D’altra parte già si portano i sacramenti, eucarestia e unzione degli infermi alle persone che ne hanno necessità, quindi anche altre cose si possono fare nella stessa maniera.
A livello di chiesa locale, quindi in parrocchie o nei decanati o nelle zone pastorali, ci sono in iniziative paragonabili alla Sua?
La catechesi fatta fuori dalle mura parrocchiali non è una novità. Anni addietro lo avevo già fatto in un’altra pizzeria. Ho preparato anche gente ai sacramenti facendo la catechesi in famiglia, nelle loro case, che non potevano lasciare a causa dei bambini piccoli.
Che cosa ne pensano i collaboratori pastorali tedeschi, preti o laici, impegnati nella pastorale giovanile? Ha ricevuto un loro feedback?
Il loro feedback è stato solo un sorrisino di compiacimento o di compassione. Non sempre si riescono a interpretare le reazioni tedesche.