Meeting giovani 2025: Portatori di speranza. Scarica il libretto del meeting

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Anche quest’anno le ragazze e i ragazzi delle comunità cattoliche italiane in Germania si incontreranno per il Meeting giovani.
L’appuntamento è a Colonia dal 16 al 18 maggio.
Il tema dell’incontro è portatori di speranza. 

Animeranno l’evento don Gregorio Milone, delegato nazionale delle MCI Germania, e le scalabriniane, suor Mira e suor Armanda.

Che cos’è la speranza per me?

Scarica il libretto del Meeting giovani 2025 con il programma:
libretto meeting 2025 

Le cronache dei recenti meeting giovani:

2024 – Cronaca di tre giorni di gioia profonda – Meeting giovani – „Ma voi chi dite che io sia?“ (Luca 9,20) | Delegazione-mci

2023 – Meeting dei giovani 2023: Creare legami per scoprire di non essere soli | Delegazione-mci

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Dal libro Intra omnes. Dal popolo di Dio al conclave, scaricabile gratuitamente dal sito della casa editrice Queriniana, proponiamo il contributo di Paola Franchina, docente di religione cattolica e vicepresidente dell’associazione “Casa Alta”. Paola Franchina ha vissuto in Germania, proprio a Colonia, gli anni scorsi, dove ha collaborato con la comunità cattolica e partecipato ai meeting giovani.

Giovani

di Paola Franchina

Occorre anzitutto specificare che la riflessione sui giovani – e con i giovani – non può essere confinata all’ambito della pastorale giovanile, ma va riconosciuta come una dimensione vitale per la stessa esistenza della Chiesa. La voce dei giovani rilancia le istanze del Concilio Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII affinché la fede fosse «approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai tempi»(Giovanni XXiii, Discorso di apertura del concilio Vaticano II Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre 1962, n. 6.). Nel solco di questa richiesta di rinnovamento, i padri conciliari comprendono che il principio tridentino e gregoriano dell’autorità delegata dev’essere superato. La visione secondo cui l’autorità
viene trasmessa e delegata attraverso la gerarchia ecclesiastica – dal papa, ai vescovi, ai presbiteri – è da ripensare. Il ritorno alle fonti bibliche e alla tradizione patristica consente di riscoprire il principio nell’annuncio della fede e del vangelo come realtà vitale, capace di generare e rigenerare. Alla concezione statica, funzionale alla conservazione del deposito della fede, viene avvicendata l’idea di una ecclesia semper reformanda. In particolare, la costituzione dogmatica Dei Verbum ci attesta una tradizione di origine apostolica, viva e vivificante, che progredisce grazie all’azione «dei credenti che […] meditano in cuor loro» (n. 8), alla luce della loro esperienza personalissima, le cose e le parole trasmesse nella parola di Dio.

Discernere nella provocazione dei giovani l’azione di Dio

Papa Francesco si inserisce pienamente in questa tradizione, raccogliendo e rinnovando l’eredità del concilio. In particolare, a seguito del sinodo dei vescovi sui giovani intitolato «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», ha redatto l’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, nella quale invita a riscoprire la presenza viva di Cristo in ciascuno. Al n. 64 di quel documento, il papa ricorda che «non possiamo limitarci a dire che i giovani sono il futuro del mondo: sono il presente, lo stanno arricchendo con il loro contributo». Il sinodo dei giovani ha rappresentato un piccolo ma significativo passo verso questo  processo in direzione di un ascolto autentico delle nuove generazioni, in occasione del quale furono inviate delegazioni rappresentative dei giovani a livello mondiale. Necessario, dunque, è scoprire nella provocazione dei giovani l’azione di Dio, poiché il contesto culturale in cui viviamo è già segnato dallo spirito vitale che chiama la Chiesa ad un processo trasformativo. I giovani, disvelando squarci verso il futuro, custodiscono il vero senso della tradizione nel suo spessore escatologico, ricordando che la storia è in cammino verso
il compimento.
Per meglio comprendere i segni dei tempi, facciamo riferimento agli studi di Hartmut Rosa, noto sociologo e politologo, il quale parla di “accelerazione sociale” ( H. Rosa,  Accelerazione. Una critica sociale del tempo, Torino, Einaudi 2007, 15), un’accelerazione
permanente del ritmo di vita che genera un senso di vertigine e influisce sulla nostra percezione del tempo e sulla nostra esperienza del reale. Siamo sopraffatti da una metamorfosi che tocca il nostro vivere sociale, la nostra cultura. In questo contesto di caos, è fondamentale indagare i nuovi inizi e cercare di intravedere le norme del futuro che potrebbero emergere da questo processo.
I giovani, in questo senso, sono profetici: sono in grado di svelare il sogno. La loro «caratteristica è sognare grandi cose, cercare orizzonti ampi, osare di più, aver voglia di conquistare il mondo» (ChV 15). Essi portano sul corpo le tracce evidenti di questi segni dei tempi e incarnano le esigenze di riforma che le trasformazioni culturali richiedono. Pertanto, è da loro che dobbiamo ripartire.

La generazione EPIC: nuove coordinate culturali

Per interpretare le trasformazioni giovanili odierne, possiamo fare riferimento alla denominazione coniata da José A. Fadul, EPIC generation, acronimo in cui ogni lettera descrive una caratteristica delle nuove generazioni: experiential, partecipative,
image-driven, connected (Cf. J.A. fadul, The EPIC Generation. Experiential, Participative, Image-Driven, Connected, Independently Published, Philippines 2013).
Partiamo dal concetto di experiential. I giovani vogliono vivere esperienze dirette e concrete: siamo nella società delle pluri-esperienze, come moltiplicazione delle possibilità di vita. Abbiamo di fronte una generazione che impara facendo, per la quale la sollecitazione dei sensi diventa fondamentale. La generazione della pluri-appartenenza provoca la forma stessa della parrocchia, pensata tradizionalmente come comunità locale e stabile, a cambiare, soprattutto in relazione al concetto di residenza e staticità. Il tratto partecipative esprime il desiderio dei giovani di essere coinvolti attivamente, di esprimere opinioni, di non essere più meri destinatari di un processo comunicativo unidirezionale.
Questo aspetto si intreccia strettamente con il tratto connected. Il sociologo Manuel Castells, con la sua analisi della società in rete, descrive un modello comunicativo pluridirezionale, in cui i flussi di comunicazione non sono più gerarchici (top-down), ma
circolari e orizzontali. Obsoleto appare il modello comunicativo tridentino e gregoriano: la profezia dei tempi contemporanei esige un nuovo modo di trasmettere la fede – non un processo centralizzato e verticistico, ma un flusso di comunicazione orizzontale condivisa.
Il tratto image-driven descrive una generazione che comunica e comprende il mondo principalmente attraverso le immagini. Queste ultime non sono semplici rappresentazioni esteriori: secondo Merleau-Ponty esse sono inseparabili dal nostro modo di essere nel mondo.
Per concludere, possiamo asserire che è quantomai necessario ripartire da queste quattro coordinate – experiential, participative, image-driven, connected – per ripensare il cammino di riforma della Chiesa. Esse dischiudono una traiettoria nuova per il progetto di Dio nella storia. Dinanzi alle sfide del mondo contemporaneo, il rischio è quello di rifugiarsi in modelli tridentini rassicuranti, per esorcizzare la paura della fragilità. Ma è proprio questa fragilità che chiede di essere assunta come luogo teologico. Occorre una riforma che passi attraverso processi di co-edificazione ecclesiale, in cui i giovani siano veri alleati. È urgente costruire una Chiesa strutturalmente sinodale, fondata su dinamiche compartecipative, in cui adulti e giovani sono chiamati non tanto a custodire una dottrina, quanto una promessa che interpella tutti a essere protagonisti grazie al munus profetico di Cristo, proprio di ogni battezzato.

I cambiamenti di cultura

Affinché si attui una reale riforma della Chiesa in senso compartecipativo, è necessario comprendere quella che Edgar H. Schein definisce “cultura organizzativa”: l’insieme delle forze potenti e inconsce che animano e determinano il comportamento collettivo di un’organizzazione ( Cf. E.H. Schein, Organizational Culture and Leadership, Jossey-Bass, San Francisco/CA 1985). Occorre, però, non essere ingenui: la cultura organizzativa non è una realtà superficiale, facilmente manipolabile, ma è una dimensione radicata e potente, capace di controllare molto più di quanto possa essere modificata. La cultura è, inoltre,
intrinsecamente stabile, poiché i membri di un gruppo tendono a preservare gli assunti culturali che offrono loro prevedibilità e sicurezza.
Il clericalismo e il maschilismo che hanno a lungo caratterizzato la Chiesa hanno svolto proprio questa funzione: offrire uno spazio rassicurante in grado di rendere prevedibile la vita ecclesiale. Possiamo rappresentare la cultura con l’immagine di un iceberg organizzato a livelli: ci sono una parte visibile e un livello nascosto e intangibile. In quest’ultimo livello profondo si gioca la sfida. L’appello dei giovani diviene voce profetica che interpella gli assunti radicati e chiama la Chiesa al cambiamento. Come sottolinea lo psicologo statunitense, ogni cambiamento culturale incontra resistenza, perché implica ansia e disagio. Apprendere nuove convinzioni e pratiche richiede, infatti, il disapprendere quelle vecchie, con il conseguente abbandono di abitudini rassicuranti, aprendo così un tempo di incertezza. Schein, inoltre, mette in evidenza come le culture vecchie sono quelle che divengono via via meno adatte a reagire agli stimoli dell’ambiente esterno, poiché gli assunti taciti condivisi e la cultura che in passato aveva creato il successo dell’organizzazione rendono difficile per i membri accogliere le nuove istanze, diventando limite per la strategia.
La disanima dello psicologo statunitense consente di meglio rileggere la condizione attuale della Chiesa, in cui i giovani chiedono di divenire soggetti attivi decisivi in virtù della lo
ro capacità simbolica di disvelare il futuro e l’oggi. La Chiesa si trova, così, dinanzi ad un bivio: «Non è più il momento di custodire sogni nel silenzio dell’immaginario»; senza la forza vitale del cambiamento, della Chiesa «rimarrebbero soltanto pozzanghere di fango da cui è preferibile tenersi distanti poiché in esse il mondo non può trovare alcun riflesso, ma solo impantanarsi» (L. Vantini, Echi dal Sinodo. Il gelsomino, la tempesta, il vento, in Il Regno del 4 aprile 2025, consultato il 26 aprile 2025).