Presentato oggi lo strumento approvato da Papa Francesco e realizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, per offrire aiuto e soccorso alle oltre 50 milioni di persone che migrano senza mai lasciare il proprio Paese, ma non possono godere dello status di rifugiato e della protezione internazionale
33,4 milioni di nuovi sfollati interni in 145 Paesi del mondo, di cui 8,5 milioni costretti a lasciare la propria casa a causa di conflitti di vario genere, mentre 24,9 milioni sono quelli fuggiti per colpa di disastri e calamità, e così il numero di chi fugge rimanendo di fatto entro i confini del proprio Stato raggiunge quota 50 milioni. Sono i dati dell’Internal Displacement Monitoring Centre, aggiornati alla fine del 2019, che testimoniano un ingente e non più trascurabile spostamento di persone costrette a vivere in condizioni davvero precarie. Raccogliendo la sfida lanciata dal Papa nel suo discorso al Corpo Diplomatico all’inizio del 2020, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, attraverso la Sezione Migranti e Rifugiati, ha prodotto così il volume „Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Interni“, presentato oggi nella Sala Marconi di Palazzo Pio, al fine di offrire suggerimenti e linee guida specifiche per questi migranti, attraverso azioni basate su quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare.
Offrire protezione internazionale
Linee, spiega il cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero vaticano, intervenuto alla presentazione in diretta streaming, che hanno ricevuto l’approvazione del Santo Padre e sono destinate ad orientare il ministero della Chiesa verso gli sfollati interni nella pianificazione e nell’impegno pratico, nel sostegno e nel dialogo, nella collaborazione e nella riconciliazione, già a cominciare da questo tempo di pandemia che ha sconvolto dolorosamente tutto il mondo. “Il virus – ha detto il porporato – non distingue tra chi è importante e chi è invisibile, chi è insediato e chi è sfollato: tutti sono vulnerabili, e ogni infezione è un pericolo per tutti. Gli Orientamenti pastorali sugli sfollati interni vogliono che gli oltre 50 milioni di sfollati interni di oggi siano riconosciuti e sostenuti, promossi ed eventualmente reintegrati, in modo che possano svolgere un ruolo attivo e costruttivo nel loro Paese”. Il cardinale Czerny ha insistito sul loro bisogno di tutela, protezione e assistenza umanitaria: “è necessario – ha affermato – evitare che siano dimenticati dal loro Stato e dalla Comunità internazionale”. Spesso infatti intrappolati in situazioni disperate, nel mezzo di combattimenti o in aree remote e inaccessibili, vittime privilegiate di tratta ai fini lavorativi e sessuali, isolati da aiuti o soccorsi, questi sfollati non rientrano nel sistema di protezione previsto dal diritto internazionale dei rifugiati e risultano esposti a gravi violazioni e pericoli.
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare
Ecco allora che il documento rappresenta una risposta ecclesiale ma anche un monito e un richiamo ad un’azione internazionale di protezione verso uomini, donne e bambini che sempre di più rischiano di diventare invisibili. “Gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Interni – sottolinea padre Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del medesimo Dicastero – si raggruppano intorno ai quattro verbi con i quali il Santo Padre ha voluto sintetizzare la pastorale migratoria: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. In particolare sotto il verbo promuovere, ha insistito padre Baggio, „il documento introduce la sfida dell’inclusione socio-economica, che passa necessariamente attraverso il riconoscimento e l’identificazione personale. Viene, quindi evidenziato il bisogno di un’amministrazione sana e trasparente dei fondi destinati agli sfollati, considerando che anche i programmi delle Chiese locali hanno bisogno di finanziamento. In linea con l’idea di sviluppo umano integrale, gli Orientamenti ricordano l’essenzialità della crescita spirituale, assieme a quella materiale, e dell’empowerment dei destinatari. La trattazione dell’ultimo verbo, integrare, comincia invece dalla sfida dell’elaborazione di soluzioni durature, che prevedano tanto l’integrazione degli sfollati presso le comunità ospitanti, quanto, se possibile, il loro ritorno a casa. In questo contesto, viene ricordata la responsabilità delle Chiese locali nella cura pastorale degli sfollati cattolici”.
L’emergenza sanitaria non faccia dimenticare i migranti
Non meno importante nel testo è il richiamo alla cooperazione tra tutti gli attori e le realtà cattoliche, la collaborazione interconfessionale e interreligiosa, e la disponibilità a coordinare gli sforzi con le istituzioni preposte, le agenzie internazionali e altre entità della società civile perché insieme si riesca a dare voce e volto a quanti finora sono considerati solo numeri: “l’emergenza sanitaria non oscuri e non faccia dimenticare le tante e continue emergenze come quella dei migranti”, è stato il monito conclusivo di padre Baggio che ha insistito anche sulla necessità di operare una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica tramite i media. “Il problema maggiore degli sfollati interni è la loro invisibilità aggravata dall’emergenza sanitaria da Covid-19” ha spiegato Amaya Valcárcel, coordinatrice internazionale di advocacy del JRS, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati presente e attivo oggi in 56 Paesi per servire e difendere i diritti dei migranti forzati, compresi gli sfollati interni. L’esempio paradigmatico che la Valcárcel ha proposto in conferenza stampa è quello della Colombia dove il numero di sfollati interni, che supera i 5,5 milioni e mezzo, è il più alto nel mondo.
L’azione del JRS nel mondo
Tuttavia, ha aggiunto Valcárcel, sempre più spesso questi migranti colombiani diventano invisibili a causa di due fattori: primo l’accordo di pace con le FARC e la conseguente conclusione per molti che “non c’è più un conflitto armato” e quindi non ci sono più vittime sfollate; secondo la crescita esponenziale dei migranti venezuelani in Colombia, con più di 1,8 milioni di persone attualmente presenti nel Paese. La realtà della Colombia, è invece quella di uno sfollamento cronico che porta sempre più persone fuori dalle dinamiche sociali ed economiche del Paese. Un altro esempio sono gli Yazidi del Kurdistan iracheno: donne e bambini che ogni giorno devono affrontare notevoli esigenze di protezione e di assistenza psicosociale a causa dello spostamento cronico e del trauma della prigionia dei loro cari per mano dell’ISIS. Lì, il JRS fornisce assistenza psichiatrica agli adulti e sostegno educativo ai bambini. La coordinatrice del JRS ha proposto anche l’esempio del Burundi, dell’Afghanistan, del Sud Sudan dove il JRS lavora per promuovere l’educazione alla pace, la risoluzione dei conflitti e la riconciliazione. Rendere visibili queste situazioni nel mondo diventa fondamentale così come è necessaria la cooperazione internazionale. “Per un’organizzazione ecclesiastica come il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati – ha concluso – è fondamentale che il Santo Padre pubblichi un documento con le linee guida per il lavoro con gli sfollati interni, perché c’era il pericolo che questa popolazione – non meno di circa 50 milioni di persone – diventasse completamente invisibile. Siamo profondamente grati al Santo Padre per aver messo ancora una volta al centro le persone che si trovano alla periferia del nostro mondo”. VN 5.5.20