Si è concluso il Sinodo sulla sinodalità con la pubblicazione del documento finale. Dopo l’approvazione da parte dell’assemblea sinodale, papa Francesco lo ha reso pubblico senza esortazione apostolica sul documento, un gesto di stile sinodale della Chiesa.
- di Paola Colombo
Il documento con i risultati delle votazioni è scaricabile qui
Leggi anche il commento del teologo morale, prof. em. Antonio Autiero, che ha partecipato alla seconda sessione del sinodo in qualità di esperto: Sinodo: Il vero problema? La rigida struttura gerarchica della Chiesa! | Delegazione-mci
Il 27 ottobre si è concluso un cammino iniziato nell’ottobre 2021, il Sinodo sulla sinodalità. Il giorno precedente l’assemblea dei membri del Sinodo con diritto al voto, ha approvato il Documento Finale (si trova online sul Bollettino online della Santa Sede con le votazioni punto per punto). Papa Francesco non ha pubblicato un’esortazione apostolica sul documento, lo ha semplicemente approvato (si veda la foto di apertura). Un gesto interpretato da molti come segno concreto di sinodalità: non apporre il sigillo apicale al documento finale. Il documento ha valore di Magistero. Nel documento non si trovano decisioni di riforma e di cambiamento ma le indicazioni per diventare una Chiesa sinodale.
Il documento potrà quindi mostrare tutta la sua vitalità e novità solo se verrà applicato nelle diverse realtà ecclesiali nel mondo: “Il processo sinodale non si conclude con il termine dell’attuale Assemblea del Sinodo dei Vescovi, ma comprende la fase attuativa” (9). È un documento stilato da tutti e approvato in tutti i suoi punti dalla stragrande maggioranza dei membri della seconda Sessione del Sinodo.
Vediamone alcuni passaggi: Il cammino è stato segnato in ogni sua fase dalla sapienza del “senso della fede” del Popolo di Dio (3). Dato questo come presupposto centrale, la chiamata alla gioia e al rinnovamento della Chiesa si fonda “sulla comune identità battesimale” (4) e l’intero cammino del Sinodo 2021-2024 ha il suo fondamento nel Concilio Vaticano II. Il Popolo di Dio non è la somma dei fedeli, ma una rete di relazioni sia quelle della comunità di appartenenza sia quelle fra chiese locali:
“All’interno di culture e società sempre più individualiste, la Chiesa, «popolo radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (LG 4), può dare testimonianza della forza di relazioni fondate nella Trinità. Le differenze di vocazione, età, sesso, professione, condizione e appartenenza sociale, presenti in ogni comunità cristiana, offrono a ciascuno quell’incontro con l’alterità indispensabile per la maturazione personale” (34). C’è una forte sottolineatura del patrimonio spirituale delle chiese locali: „L’unità della Chiesa non è l’uniformità, ma l’integrazione organica delle legittime diversità“ (36). Sinodalità è vista come profezia sociale: „Pratiche autentiche di sinodalità permettono ai Cristiani di elaborare una cultura capace di profezia critica nei confronti del pensiero dominante e offrire così un contributo peculiare alla ricerca di risposte a molte delle sfide che le società contemporanee devono affrontare e alla costruzione del bene comune.“(47)
Ma veniamo a un punto centrale del documento quello dei carismi, vocazioni e ministeri per la missione perché lì si parla delle donne nella Chiesa. Sappiamo che la questione del ministero ordinato per le donne è stato il “convitato di pietra” del Sinodo e che l’argomento è stato spostato a un gruppo di lavoro. Il punto 60 è quello che ha avuto il numero maggiore di voti sfavorevoli, 97: “Questa Assemblea invita a dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo. L’Assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell’insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all’apporto di donne sante, teologhe e mistiche.”
Per una Chiesa ministeriale: “Ai Fedeli laici, uomini e donne, occorre offrire maggiori opportunità di partecipazione, esplorando anche ulteriori forme di servizio e ministero in risposta alle esigenze pastorali del nostro tempo, in uno spirito di collaborazione e corresponsabilità differenziata” (77). Promuovere la partecipazione e la corresponsabilità con il discernimento ecclesiale che è a servizio della missione: “Il discernimento ecclesiale non è una tecnica organizzativa, ma una pratica spirituale da vivere nella fede. Esso richiede libertà interiore, umiltà, preghiera, fiducia reciproca, apertura alla novità e abbandono alla volontà di Dio. Non è mai l’affermazione di un punto di vista personale” (82).
Sui processi decisionali il Documento Finale invita a non contrapporre consultazione e deliberazione e a rivedere alcune parti del CIC che non sono esenti da ambiguità: “nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio. Per questa ragione la formula ricorrente nel Codice di diritto canonico, che parla di voto “solamente consultivo” (tantum consultivum), deve essere riesaminata per eliminare possibili ambiguità. Appare quindi opportuna una revisione della normativa canonica in chiave sinodale, che chiarisca tanto la distinzione quanto l’articolazione tra consultivo e deliberativo e illumini le responsabilità di coloro che nelle diverse funzioni prendono parte ai processi decisionali.” (92). A questo segue la rendicontazione e valutazione di quanto deciso: “La presa di decisione non conclude il processo decisionale. Esso va accompagnato e seguito da pratiche di rendiconto e valutazione, in uno spirito di trasparenza ispirata da criteri evangelici” (95).
Sulla crisi degli abusi sessuali, spirituali, che nel 2018 diedero a Francesco lo sprone alla chiamata di conversione della Chiesa (lettera al Popolo di Dio) ci si poteva aspettare di più, soprattutto di fronte alla dimensione della crisi: “La Chiesa deve ascoltare con particolare attenzione e sensibilità la voce delle vittime e dei sopravvissuti agli abusi sessuali, spirituali, economici, istituzionali, di potere e di coscienza da parte di membri del clero o di persone con incarichi ecclesiali” (55).
Il commento dei vescovi tedeschi che hanno partecipato al Sinodo
„Alla fine sono molte sono le porte da questo Sinodo. Le porte aperte sono un invito a entrare. Con le due sessioni di assemblea la dinamica della sinodalità ha preso avvio e cambierà la Chiesa”.
Conclusione
Vale la pena citare le parole del card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo, al congresso post Sinodo alla Gregoriana per i 60 anni della Lumen Gentium : “Il Sinodo, in effetti, non ha inteso inventare cose nuove, ma proseguire sul sentiero avviato dal Vaticano II, il quale, ritornando alle fonti della Sacra Scrittura e della vivente Tradizione ecclesiale, ha desiderato colmare il “contrattempo” tra il passo della Chiesa e il passo dell’umanità, sforzandosi di rendere la comunità delle figlie e dei figli di Dio più fedele alla volontà di Cristo e, proprio per questo, più solidale con gli uomini del nostro tempo”.