Giobbe e il problema della sofferenza del singolo

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Wooden Figure and Rocks
Schiacciato dalla sofferenza. ©Ulricke Mai, Pixabay

Quarto appuntamento con la rubrica „Leggiamo la Bibbia con il teologo Simone Paganini“.

Il problema della teodicea – ovvero della risposta alla domanda: “come è possibile che ci sia il male nel mondo, se Dio è essenzialmente buono?” – è una delle grandi questioni irrisolte nel contesto della riflessione teologica.

Anche la Bibbia naturalmente non rifugge la questione, piuttosto la spiega. La malattia, la sofferenza, le calamità naturali sono, nella visione tradizionale della sapienza biblica, la logica conseguenza dell’attività dell’uomo. Il mondo biblico si percepisce in una dialettica tra azione e reazione che funziona sempre: se sei buono ti andrà bene, se sei malvagio ti andrà male.

Che questa visione non rispecchi la realtà diviene però chiaro anche agli autori dello stesso testo biblico che tematizzato questa problematica nel libro di Giobbe. Si tratta di una novella di carattere teologico-filosofico che mette al centro la riflessione sul dolore e sulla sofferenza di una singola persona: Giobbe.

Più che l’origine del dolore, che nel testo nasce in seguito a una fantomatica scommessa tra Dio e il diavolo – tra le altre cose il diavolo appare come un consigliere celeste – è interessante cogliere il significato della reazione di Dio stesso di fronte alla protesta di Giobbe, che sa di essere un giusto.

Dio risponde a Giobbe con il monologo più lungo dell’intera Bibbia. Il povero Giobbe, seduto in un angolo della sua casa, coperto di cenere, ascolta tutto. Il succo dell’intervento di Dio è riassumibile in poche parole: tu sei un essere più o meno insignificante, mentre io dirigo le sorti dell’intero universo. Il dolore di Giobbe e la sua sofferenza personale sono per Dio un “incidente di percorso”. Per Giobbe si tratta di sofferenze grandissime, ma per il destino del cosmo sono cose irrilevanti. Al termine del lungo intervento divino Giobbe resta frastornato e in silenzio. Un silenzio che spesso è stato interpretato come un tacito riconoscimento della potenza di Dio, ma che invece sembra essere più simile alla risposta depressa di chi, incolpevole, non riesce più a riconoscere una via d’uscita di fronte alla tragicità della situazione.

Il lieto fine della storia di Giobbe, che riacquista ricchezza e salute, non è da leggersi come una consolazione, ma solo come un trucco letterario degli autori biblici per provare a salvare la morale della storia. Una risposta esaustiva sul ruolo di Dio di fronte al dolore dell’uomo, nella Bibbia, non si trova.