
- di Marinella Perroni –
Più che la teologia, sono state le azioni di Bergoglio a scardinare discriminazioni ataviche.
Come dimostra la sua politica sulle nomine.

Fin dai primi anni del pontificato una contestazione rivolta a papa Francesco dai suoi detrattori è stata quella della mancanza di competenza teologica. Dopo quello del “teologo” Ratzinger, l’approccio di Francesco alle questioni appariva troppo immediato, poco teorico e per nulla accademico. Certamente una cifra di questo pontificato è stato il pragmatismo e, come ha anche dichiarato Francesco stesso in più occasioni, esplicita è stata la sua volontà di andare oltre astrattismi concettuali che ben poco ormai hanno da dire agli uomini e alle donne di un tempo in cui – come si può rilevare anche dal dibattito teologico delle ultime settimane – forte è la necessità di una teologia “rapida” e “sapida”.
«La realtà è più importante dell’idea»
Non è qui il luogo per approfondire i termini della discussione, importanti peraltro anche per l’intero orizzonte culturale italiano, ma si può certamente affermare che Francesco ha cercato di combattere una teologia residuale, che insiste su formulazioni gergali che poco hanno a che fare con la realtà e che, soprattutto, rischiano di bloccare la Chiesa cattolica dentro una gabbia dove è diventato pressoché impossibile muoversi. Lo ha dichiarato espressamente nella sua prima esortazione apostolica, la Magna Charta del suo pontificato, quando ha indicato, tra i quattro principi essenziali per la costruzione del bene comune quello secondo cui «la realtà è più importante dell’idea» (EG nn. 231-233). Per questo la teologia e, in particolare, l’ecclesiologia di Francesco è rintracciabile nelle sue scelte di governo più ancora che in affermazioni teoriche. Sarà certamente il futuro a confermare se e in che misura un’opzione del genere abbia impresso tracce abbastanza profonde da instradare il cammino della Chiesa cattolica nei prossimi decenni. Una cosa, però, è ben possibile: è più difficile modificare delle prassi acquisite che non lasciar cadere delle dichiarazioni e il magistero ecclesiologico di Francesco si è giocato anche sulla necessità di dare il giusto rilievo alla presenza delle donne nella comunità ecclesiale.
Questo, del resto, è stato uno dei punti su cui si è giocato il carosello di critiche che gli sono
state rivolte ed è stato visibile anche al recente Sinodo, in cui l’unico tema che ha fatto decisamente increspare le acque altrimenti molto calme è stato quello dell’accesso delle donne ai ministeri. L’unico articolo del documento finale che è stato oggetto di una votazione a dir poco tormentata è stato infatti quello sui ruoli delle donne: troppo cauto per coloro che premono per una riforma sistemica dell’ordinamento ecclesiale che contempli il conferimento del ministero ordinato anche alle donne; pericolosamente avventato per quelli che, facendosi scudo con il pericolo di un deragliamento interno, vedono in realtà in una simile riforma un tradimento della tradizione. A conferma che la discussione sui ruoli ecclesiali delle donne è arrivata a un punto di non ritorno e sarà anche su questo che il pontificato di Francesco verrà giudicato dalla storia.
«La Chiesa è femminile»
Una delle primissime affermazioni che ha messo in luce il suo orientamento ecclesiologico è stata quella che papa Francesco ha fatto in una delle sue prime interviste, quella rilasciata a Eugenio Scalfari, e che poi ha continuato a ripetere ogni volta che se ne è presentata l’occasione: «La Chiesa è femminile», «la Chiesa è donna». Un Papa femminista? Al contrario: a ragione o a torto Francesco ha sempre considerato il femminismo un’ideologia che, come tutte le altre, è solo perniciosa. Altrettanto netto, poi, il suo rifiuto nei confronti del pensiero di genere. Da dove ha mutuato allora questa definizione in cui la Chiesa è qualificata come femminile?
Francesco stesso non ha mai fatto mistero della sua piena dipendenza dal doppio principio, mariano e petrino, che ha rappresentato un punto fermo nella visione della Chiesa anche dei suoi immediati predecessori. Non ha mai abbandonato, quindi, una visione mistica del femminile e funzionale del maschile, attribuendo alla prima la superiorità ideale rispetto alla seconda: Maria è superiore a Pietro, perché è lei depositaria del carisma dell’amore mentre Pietro svolge un ruolo di governo che resta secondario perché per la Chiesa sarà sempre più importante il manto protettivo di Maria che l’azione funzionale di Pietro. Come per i suoi predecessori anche per Francesco il femminile è degno di esaltazione, ma al maschile resta vincolato l’esercizio del potere.
«Smaschilizzare la Chiesa»
Per fortuna, il primato della realtà per Francesco ha sempre comportato di non aver paura anche delle possibili contraddizioni. Se non ha mai abbandonato la visione ecclesiologica del doppio principio, ha però accettato di prendere sul serio le critiche che gli sono state mosse soprattutto dalle teologhe. Per questo ha chiesto al gruppo dei suoi più stretti collaboratori di partecipare a quattro sessioni di confronto con un teologo e undici teologhe titolandole con un neologismo quanto mai suggestivo: “Smaschilizzare la Chiesa”. Con buona probabilità questo non è servito a farlo rinunciare al fascino del principio mariano-petrino, ma ha certamente contribuito a confermarlo in una doppia convinzione: da una parte, per portare avanti il suo programma di de-clericalizzare la Chiesa è necessario non clericalizzare le donne e quindi continuare a negare loro l’accesso al sacerdozio; questo però non comporta, d’altra parte, l’esclusione delle donne dai ruoli di governo della Chiesa a tutti i livelli, da quelli parrocchiali e diocesani, come auspicato anche dal recente Sinodo, a quello vaticano, come lui stesso ha dimostrato con una serie di nomine che, sia pure lentamente, hanno cominciato a cambiare i lineamenti del volto “petrino” della Chiesa cattolica.
L’articolo è apparso il 23 aprile 2025 sul quotidiano La Repubblica e pubblicato per gentile concessione dell’autrice.
Sempre di Marinella Perroni è apparso (23.04.2025) sul quotidiano della CEI, Avvenire l’articolo „Le donne nella Chiesa: ecco i passi di Francesco per potenziarne il ruolo“.
Marinella Perroni è autrice è biblista e professoressa emerita del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Di Marinella Perroni ci sono altri articoli su questo sito e collabora al corso online Essere coppia – Stare nella coppia della Delegazione MCI.
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