L’udienza da papa Francesco è stato il momento culminante di un convegno molto intenso e ricco di impulsi sui quali torneremo a scrivere. Oltre centocinquanta persone, rappresentanti delle comunità cattoliche italiane in tutta Europa, sacerdoti, religiose e religiosi, laici e laiche hanno partecipato al Convegno Europeo Migrantes, ascoltando relazioni, dialogando, lavorando in gruppi sul presente e il futuro della missione cristiana degli italiani in Europa.
Pubblichiamo il discorso che papa Francesco ha tenuto davanti ai presenti e che vogliamo far arrivare anche a chi non c’era, perché sono parole per tutti coloro che si pongono in ascolto.
Unten finden Sie auch die deutsche Übersetzung der Ansprache des Papstes.
Inoltre tutto il Convegno, compresa l’udienza con il Papa, è stato registrato ed è visibile Youtube Corriere Missioni
Ascolta la trasmissione su Radio Mater dedicata al Convegno Migrantes a cura di Simone Varisco. Fra gli ospiti: il direttore generale don Gianni De Robertis, il delegato p. Tobia Bassanelli, e la referente di comunità a Rottweil, Maria Angela Mariano: clicca qui
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO
“GLI ITALIANI IN EUROPA E LA MISSIONE CRISTIANA”
PROMOSSO DALLA FONDAZIONE MIGRANTES
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Sala Clementina
Giovedì, 11 novembre 2021
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Cari fratelli e sorelle,
vi do il benvenuto e ringrazio il Card. Bassetti per le sue parole di saluto e di introduzione. Saluto il Segretario Generale della CEI, il Presidente della Fondazione Migrantes con il Direttore e i collaboratori, e rivolgo un grato saluto a tutti voi, sacerdoti e collaboratori pastorali, che siete al servizio delle comunità e delle missioni di lingua italiana in Europa.
Il tema che guida i lavori del vostro incontro è “Gli italiani in Europa e la missione cristiana”. Vedo in questo, da una parte, la sollecitudine pastorale che spinge sempre a conoscere la realtà, in questo caso la mobilità italiana; e, dall’altra, il desiderio missionario che questa possa essere fermento, lievito di nuova evangelizzazione in Europa. In questo quadro, vorrei condividere tre riflessioni che spero possano aiutarvi nel presente e nel futuro.
La prima riguarda la mobilità, la migrazione. Spesso vediamo i migranti solo come “altri” da noi, come estranei. In realtà, anche leggendo i dati del fenomeno, scopriamo che i migranti sono una parte rilevante del “noi”, oltre che, nel caso degli emigranti italiani, delle persone a noi prossime: le nostre famiglie, i nostri giovani studenti, laureati, disoccupati, i nostri imprenditori. La migrazione italiana rivela – come scriveva il grande Vescovo Geremia Bonomelli, fondatore dell’Opera di assistenza degli emigranti in Europa e in Medio Oriente – un’“Italia figlia”, in cammino in Europa, soprattutto, e nel mondo. È una realtà che sento particolarmente vicina, in quanto anche la mia famiglia è emigrata in Argentina. Il “noi”, dunque, per leggere la mobilità.
La seconda riflessione interessa l’Europa. La lettura dell’emigrazione italiana nel Continente europeo ci deve rendere sempre più consapevoli che l’Europa è una casa comune. Anche la Chiesa in Europa non può non considerare i milioni di emigranti italiani e di altri Paesi che stanno rinnovando il volto delle città, dei Paesi. E, allo stesso tempo, stanno alimentando «il sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita» (Enc. Fratelli tutti, 10). È un bel mosaico, che non va sfregiato o corrotto con i pregiudizi o con quell’odio velato di perbenismo. L’Europa è chiamata a rivitalizzare nell’oggi la sua vocazione alla solidarietà nella sussidiarietà.
La terza riflessione riguarda la testimonianza di fede delle comunità di emigrati italiani in Paesi europei. Grazie alla loro radicata religiosità popolare hanno comunicato la gioia del Vangelo, hanno reso visibile la bellezza di essere comunità aperte e accoglienti, hanno condiviso i percorsi delle comunità cristiane locali. Uno stile di comunione e di missione ha caratterizzato la loro storia, e spero che potrà disegnare anche il loro futuro. Si tratta di un bellissimo filo che ci lega alla memoria delle nostre famiglie. Come non pensare ai nostri nonni emigrati e alla loro capacità di essere generativi anche sul piano della vita cristiana? È un’eredità da custodire e curare, trovando le vie che permettano di rivitalizzare l’annuncio e la testimonianza di fede. E questo dipende molto dal dialogo tra le generazioni: specialmente tra i nonni e i nipoti. Questo è molto importante, lo sottolineo: nonni e nipoti. Infatti, i giovani italiani che oggi si muovono in Europa sono molto diversi, sul piano della fede, dai loro nonni, eppure in genere sono molto legati ad essi. Ed è decisivo che rimangano attaccati alle radici: proprio nel momento in cui si trovano a vivere in altri contesti europei, è preziosa la linfa che attingono dalle radici, dai nonni, una linfa di valori umani e spirituali. Allora, se c’è questo dialogo tra le generazioni, tra i nonni e i nipoti, davvero «le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci […], particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 126).
Alla luce dell’esperienza latinoamericana, ho potuto affermare che «gli immigrati, se li si aiuta a integrarsi, sono una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che invita una società a crescere» (Enc. Fratelli tutti, 135). Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare, i quattro passi. Se non arriviamo all’integrazione possono esserci problemi, e gravi. A me sempre viene in mente la tragedia di Zaventem: coloro che hanno fatto questo erano belgi, ma figli di migranti non integrati, ghettizzati. Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare. Lo stesso si può dire anche per l’Europa. Gli emigranti sono una benedizione anche per e nelle nostre Chiese in Europa. Se integrati, possono aiutare a far respirare l’aria di una diversità che rigenera l’unità; possono alimentare il volto della cattolicità; possono testimoniare l’apostolicità della Chiesa; possono generare storie di santità. Non dimentichiamo, ad esempio, che Santa Francesca Saverio Cabrini, suora lombarda emigrante tra gli emigranti, è stata la prima santa cittadina degli Stati Uniti d’America. Nello stesso tempo, le migrazioni hanno accompagnato e possono sostenere, con l’incontro, la relazione e l’amicizia, il cammino ecumenico nei diversi Paesi europei dove i fedeli appartengono in maggioranza a comunità riformate o ortodosse.
In questo senso, constato con piacere che il percorso sinodale delle Chiese in Italia, anche grazie al lavoro pastorale della Fondazione Migrantes, si propone di considerare le persone migranti come una risorsa importante per il rinnovamento e la missione delle Chiese in Europa. Soprattutto il mondo giovanile in emigrazione, spesso disorientato e solo, dovrà vedere una Chiesa con i suoi Pastori attenta, che cammina con loro e tra loro.
Il Beato Vescovo Giovanni Battista Scalabrini, la cui azione tra i migranti ha alimentato la missione delle Chiese in Italia, e Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, guidino e proteggano il vostro cammino nelle Chiese in Europa per un nuovo, gioioso e profetico annuncio del Vangelo.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per quello che fate. Vi incoraggio a proseguire nel vostro impegno e a pensare con creatività a una missione che guardi al futuro delle nostre comunità, perché siano sempre più radicate nel Vangelo, fraterne e accoglienti. Vi benedico e vi accompagno. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!
Ansprache des Hl. Vaters Franziskus
an die Teilnehmer der Tagung
„Die Italiener in Europa und die christliche Mission“
einberufen von der ‚Fondazione Migrantes‘
der Italienischen Bischofskonferenz
Sala Clementina
Donnerstag, 11. November 2021
Liebe Brüder und Schwestern,
ich heisse Euch willkommen und danke dem Kard. Bassetti für seine Worte des Grusses und der Einleitung. Ich begrüsse auch den Generalsekretär der Italienischen Bischofskonferenz, den Präsidenten der ‚Fondazione Migrantes‘ und dessen Mitarbeiter. Des weiteren richte ich einen dankbaren Gruss an Euch alle, Priester und pastorale Mitarbeiter, die Ihr im Dienst der italienisch-sprachigen Gemeinden und Missionen in Europa steht.
Das Thema Eurer Tagung lautet: „Die Italiener in Europa und die christliche Mission“. Einerseits erkenne ich darin den pastoralen Eifer, der das Erkennen der Realität prägt – in diesem Fall also die italienische Mobilität; andererseits sehe ich darin den missionarischen Eifer, damit dieser zum Enzym, zur Hefe der neuen Evangelisierung Europas werde. Hierzu möchte ich drei Überlegungen anführen, von denen ich hoffe, dass sie Euch jetzt und in der Zukunft eine Hilfe sein können.
Die erste Überlegung betrifft die Migration. Oft nehmen wir die Migranten nur als „andere“ als wir selbst wahr, als Fremde. Tatsächlich aber, wenn wir das Phänomen genauer betrachten, entdecken wir, dass die Migranten ein erheblicher Teil unseres „Selbstes“ ausmachen und darüber hinaus, im Falle der italienischen Emigranten, uns nahestehende Personen sind: Unsere Familie, unsere jungen Studenten, Promovierte, Arbeitslose, Unternehmer. Die italienische Migration offenbart – wie der grosse Bischof Geremia Bonomelli als Gründer des Hilfswerkes der Emigranten in Europa und im Mittel-Orient geschrieben hat – eine „Tochter Italiens“ ist,auf dem Weg vor allem in Europa, aber auch weltweit. Diese Realität ist für mich selber sehr nah, weil auch meine eigene Familie nach Argentinien ausgewandert ist. Dieses „wir“ entspricht der Mobilität.
Die zweite Überlegung betrifft Europa. Die italienische Emigration auf dem europäischen Kontinent muss uns immer stärker bewusst machen, dass Europa ein „gemeinsames Haus“ ist. Auch die Kirche in Europa kommt nicht umhin zu erkennen, dass die Millionen italienischer Emigranten und auch solche aus anderen Ländern, die Städte und Länder verändern. Gleichzeitig „stärken sie den Traum eines geeinten Europas, das gemeinsame Wurzeln hat, und sich der Verschiedenheit der Bewohner erfreut“ (Enzyklika Fratelli tutti, 10). Es ist ein schönes Mosaik, das nicht von Vorurteilen zersetzt oder mit Höflichkeit verstecktem Hass verunstaltet werden darf. Europa ist dazu aufgerufen, im Heute seine Berufung zur Solidarität in der Subsidiarität zu revitalisieren.
Die dritte Überlegung betrifft das Glaubenszeugnis der italienischen Emigranten-Gemeinden in den Ländern Europas. Dank ihrer volkstümlichen Frömmigkeit haben sie die Freude am Evangelium bekannt gemacht, haben die Schönheit einer offenen und gastfreundlichen Gemeinde sichtbar werden lassen und haben den Weg der Ortsgemeinden geteilt. Ein besonderer Stil der Gemeinschaft und Mission hat ihre Geschichte geprägt, und ich hoffe, dass dies auch in Zukunft so sein wird. Es geht dabei um einen „Draht“, der uns im Gedenken an unsere Familienngehörigen mit diesen verbindet. Wie könnten wir nicht unserer emigrierten Grosseltern und deren Fähigkeit, auch in christlicher Hinsicht fruchtbar zu sein, gedenken? Dies ist ein Vermächtnis, das es zu bewahren und zu pflegen gilt, indem wir Wege zur Wiederbelebung der Verkündigung und zum Zeugnis des Glaubens finden. Dies hängt stark vom Dialog zwischen den Generationen ab: Insbesondere zwischen Grosseltern und Enkeln. Das ist sehr wichtig und das unterstreiche ich: Grosseltern und Enkel. Tatsächlich unterscheiden sich die jungen Italiener, die heute in Europa unterwegs sind, auf dem Gebiet des Glaubens sehr von ihren Grosseltern, und doch sind sie ihnen sehr verbunden. Es ist entscheidend, dass sie ihren Wurzeln verbunden bleiben: Sobald sie im europäischen Ausland leben, ist das Band, das sie mit ihren Wurzeln und mit ihren Grosseltern verbindet, kostbar. Dieses Band verbürgt menschliche und spirituelle Werte. Wenn also dieser Dialog zwischen den Generationen, zwischen Grosseltern und Enkeln, besteht, dann kann uns die „volkstümliche Frömmigkeit viel lehren (…), insbesondere dann, wenn wir uns mit der Neu-Evangelisierung befassen“ (Esort. ap. Evangelii gaudium, 126).
Vor dem Hintergrund der Latein-Amerikanischen Erfahrung kann ich bestätigen, dass „die Immigranten“, sofern man ihnen bei der Integration hilft, Reichtum und Geschenk sind und der sie aufnehmenden Gesellschaft beim Wachsen und sich-Entwickeln hilft (Enzyklika Fratelli tutti, 135). Die vier Schritte sind: Aufnehmen, begleiten, fördern und integrieren. Falls die Integration nicht erreicht wird, kann dies zu schwerwiegenden Problemen führen. Mir kommt da immer die Tragödie von Zaventem in den Sinn: Diese wurde von Belgiern verursacht, die Nachkommen von nicht integrierten ghettoisierten Migranten waren. Aufnehmen, begleiten, fördern und integrieren. Dies kann man auch für Europa sagen. Die Emigranten sind ein Segen auch für und in der Kirche in Europa. Wenn sie denn integriert sind, können sie helfen, eine Athmosphäre der Vielfalt zu verbreiten, die die Einheit regeneriert; sie können das Erscheinungsbild der Katholizität verbessern; sie können den apostolischen Charakter der Kirche bezeugen; sie können Heilige hervorbringen. Vergessen wir z.B. nicht, dass die Heilige Francesca Saverio Cabrini, lombardische Ordensfrau als Migrantin unter den Migranten lebend, die erste heilige Bürgerin der Vereinigten Staaten von Amerika war. Gleichzeitig haben Migrationen den ökumenischen Weg in den verschiedenen europäischen Ländern mit Begegnungen, Beziehungen und Freundschaft in den verschiedenen europäischen Ländern begleitet, in denen die Mehrheit der Menschen zu reformierten oder orthodoxen Gemeinden gehören.
So stelle ich mit Freude fest, dass der Synodale Weg der Kirchen in Italien, auch dank der Pastoralarbeit der Fondazione Migrantes, die Migranten als eine wichtige Ressource zur Erneuerung und Mission der Kirchen in Europa versteht. Insbesondere die oft einsamen und desorientierten jungen emigrierten Menschen müssen eine Kirche mit Hirten erleben dürfen, die an ihrer Seite stehen und mit ihnen gehen.
Mögen der Selige Bichof Giovanni Battista Scalabrini, dessen Tätigkeit für die Migranten die Mission der Kirche in Italien vorangebracht hat, sowie die Heilige Francesca Cabrini als Patronin der Migranten, Euren Weg in den Kirchen von Europa begleiten und beschützen für eine neue, freudige und prophetische Verkündigung des Evangeliums.
Liebe Brüder und Schwestern, ich danke Euch für all Euer Tun. Ich ermutige Euch, Euren Einsatz fortzuführen und weiterhin Eure Arbeit schöpferisch zu gestalten, damit sich unsere Gemeinden in der Zukunft immer stärker am Evangelium orientieren und brüderlicher und loyaler werden.
Ich segne Euch und begleite Euch. Und Ihr, bitte, vergesst nicht für mich zu beten. Danke!
(Übertragung aus dem Italienischen von Ursula Jahnz-Buess)
Vedi anche l’articolo di presentazione del Convegno
Vai alla presentazione dell’Enciclica Fratelli tutti