La mattina del 30 settembre ci siamo messi in cammino verso l’Italia, lasciandoci alle spalle la quotidianità per entrare in un tempo di pellegrinaggio, di ascolto e di fede rinnovata.
- di Tamara Zorretti e Francesco Patrone*
30 settembre – Trento
Arrivare a Trento ha avuto un valore simbolico profondo in quanto ospitò nel XVI secolo il Concilio di Trento, un momento decisivo per la Chiesa, in cui la fede si è rinnovata e l’unità in tempi di divisione, con la Riforma di Lutero, si è riaffermata. Aver passeggiato per Trento è stato come vivere in una città rimasta immutata nel tempo. Le sue strade custodiscono la storia e i palazzi raccontano la fede che resiste. Siamo passati accanto alla Fontana di Nettuno, emblema della città e abbiamo visitato la Basilica di San Vigilio, luogo di raccoglimento e silenzio. In quella cornice abbiamo sentito che il nostro pellegrinaggio cominciava davvero, il cuore si apriva al cammino e la mente si disponeva all’ascolto.

1°ottobre – Alfonsine e Ravenna
La mattina del 1° ottobre siamo stati accolti con calore dalla parrocchia di don Stanislao ad Alfonsine. Per molti anni responsabile delle missioni salesiane, don Stanislao ha presieduto la Messa, durante la quale ha ricordato Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni, una santa la cui fede, libera e sconfinata, le permetteva di amare senza limiti e di raggiungere il mondo intero con la preghiera e con il cuore.
Alfonsine, ci ha spiegato don Stanislao, è una terra dalla storia complessa. Nei secoli passati le chiese sono state saccheggiate e con il tempo si è radicata una certa distanza dal sacro. È rimasta una diffidenza verso la parola della fede, ma proprio qui, in questa resistenza, nasce la sfida della missione. La sua testimonianza ci ha toccato poiché seminare la Parola dove il terreno sembra arido è un atto di libertà, di fiducia e di amore.
Dopo la celebrazione ci siamo diretti a Ravenna, la città dei mosaici e Patrimonio dell’UNESCO. In questa città la fede si legge nelle pietre e nella luce. I mosaici non sono solo decorazione ma Vangelo in immagini raccontando Cristo, i Santi, la Chiesa e la storia della salvezza.
Abbiamo visitato la Cappella di Sant’Andrea, il Battistero Neoniano, Sant’Apollinare Nuovo, il Battistero degli Ariani, la Basilica di San Vitale, la Basilica di San Francesco e la tomba di Dante. Davanti a quei mosaici, così vivi e luminosi, abbiamo percepito la continuità tra fede, arte e storia in cui ogni tessera è parte di un disegno più grande, come ognuno di noi lo è nella comunità cristiana. Nel pomeriggio abbiamo visitato i dintorni e vissuto momenti di fraternità, mentre la sera si è conclusa con un incontro conviviale, una serata semplice, di amicizia e di condivisione.

2 ottobre – Alfonsine, Bologna e Viterbo
La mattina del 2 ottobre don Waldemar e don Stanislao, legati dal trascorso comune dai Salesiani, hanno celebrato la Messa ad Alfonsine come segno di comunione e continuità nel cammino. La giornata è proseguita a Bologna, città universitaria e ricca di storia. Nella Basilica di San Petronio, patrono di Bologna, luogo dove scienza e fede dialogano, è tracciata nel pavimento la meridiana, un tempo la più grande del mondo, un capolavoro di precisione, segno di come il tempo e la luce si mettano al servizio della fede, ricordandoci che Dio è Signore anche del tempo e della materia. La sera siamo giunti a Viterbo, chiamata la “città dei Papi” perché nel XIII secolo è stata sede pontificia. Proprio qui nel Palazzo dei Papi si è tenuto nel 1268-1271 il primo Conclave della storia, dopo una lunghissima elezione durata quasi tre anni.

3 ottobre – Viterbo, Caprarola e Roma
Il giorno seguente a Viterbo abbiamo visitato il centro storico, la città sotterranea, la Basilica di San Lorenzo e la chiesa di San Giovanni Battista, la cui volta centrale affrescata da Giuseppe Rosi nel 1756 rappresenta l’Empireo, ovvero il cielo della gloria con angeli e beati su nuvole protesi verso la luce celeste. Rosi era maestro nell’uso della prospettiva illusionistica, cioè quella tecnica pittorica che attraverso giochi di luce e linee, crea l’illusione di uno spazio tridimensionale su una superficie piana. Nella chiesa le finte colonne dipinte lungo le pareti e la volta sembrano muoversi e inclinarsi mentre il visitatore cammina nella navata, l’occhio percepisce un leggero spostamento della prospettiva, come se le colonne ruotassero per seguire lo sguardo.
Nel nostro pellegrinaggio guardare questo affresco ci ha invitati a elevare il cuore verso Dio e ad alzare lo sguardo oltre le cose terrene.
Proseguendo abbiamo raggiunto Caprarola, dove si erge il maestoso Palazzo Farnese voluto dal cardinale Alessandro Farnese il Giovane. Le sue proporzioni armoniose e la sua bellezza ci hanno ricordato che l’arte quando è ordinata alla gloria di Dio diventa preghiera in forma di pietra.
La sera siamo giunti all’ultima tappa del pellegrinaggio, a Roma. Abbiamo festeggiato tutti insieme il compleanno di un fratello di viaggio, cantando insieme canzoni italiane accompagnati da una chitarra dal vivo, un momento di fraternità autentica e gioiosa, preludio alla meta tanto attesa.

4 ottobre – Roma, Sant’Oreste e Santuario del Divino Amore
Il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, si è aperto con la Messa celebrata da don Waldemar nella cappella dell’albergo, ci siamo poi diretti in Piazza San Pietro per l’udienza giubilare con il Santo Padre. Il Papa ha parlato del coraggio di Santa Chiara d’Assisi invitando tutti a non rimanere neutrali nella vita:
“Chiara si è schierata, ha scelto Cristo. Anche noi siamo chiamati a scegliere da che parte stare.”
Ha ricordato che sperare significa proprio questo, prendere posizione per il bene, come Chiara fece nella sua radicale libertà evangelica. La speranza non è quindi attesa passiva, bensì decisione attiva, libertà incarnata.
Nel pomeriggio ci siamo spostati a Sant’Oreste, ai piedi del Sacro Monte dei Romani, dove abbiamo pranzato in fraternità. Abbiamo continuato il nostro pellegrinaggio visitando il Santuario del Divino Amore situato poco fuori Roma, sorto intorno all’immagine miracolosa della Madonna che nel 1740 salvò un pellegrino minacciato dai cani invocando il suo aiuto. Il santuario è da allora meta di preghiera e di grazie. Entrando nella chiesa si rimane colpiti dalle innumerevoli tavolette votive, segni concreti della gratitudine di coloro che hanno sperimentato un miracolo o una grazia particolare.
Nel nostro pellegrinaggio questo luogo ci ha accolti con un silenzio pieno di pace, immerso nella natura che lo circonda. Qui abbiamo recitato insieme il rosario all’aperto, lasciandoci avvolgere da un senso di raccoglimento e serenità. Il Divino Amore si è rivelato così non solo santuario di miracoli ma anche spazio di rinnovamento interiore, dove la fede si respira e la presenza di Maria si fa vicina e materna.
La sera, riuniti nella sala dell’albergo, dopo aver pregato San Francesco, abbiamo vissuto un momento di intensa condivisione in cui ognuno ha espresso ciò che aveva toccato il proprio cuore durante il pellegrinaggio. È stato un momento commovente e di grazia profonda in cui la fede è diventata racconto e comunione.

5 ottobre – Roma e Sacrofano
La mattina del 5 ottobre abbiamo partecipato alla Santa Messa e all’Angelus del Papa in Piazza San Pietro. Eravamo vicinissimi all’altare, a pochi metri da Lui, un’esperienza di grazia e di comunione con la Chiesa universale. Il Papa ha parlato della speranza cristiana come impegno concreto e del Giubileo come occasione per rinnovarsi nella fede e nella missione. In tale occasione ha richiamato all’importanza della vocazione missionaria della Chiesa, che non significa solo l’invio di missionari lontano bensì anche accogliere i migranti che cercano rifugio e speranza promuovendo una cultura di fraternità che va oltre i pregiudizi e gli stereotipi.
Nel pomeriggio abbiamo vissuto il momento più significativo del nostro pellegrinaggio: il passaggio della soglia nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.
Attraversare la Porta Santa è stato come rivivere in prima persona il senso profondo del Giubileo, attraversare la misericordia di Dio, lasciare dietro di sé il peso e ripartire leggeri. La Porta Santa, simbolo del Giubileo per antonomasia, segno che apre all’indulgenza, alla riconciliazione e al nuovo tempo di grazia, ci ha ricordato che la libertà cristiana è quella di chi entra in Cristo come “porta”, trovando salvezza, uscita e pascolo (Giovanni 10), scelto non per imposizione ma con cuore libero.
Dopo questo momento di grazia ci siamo diretti a Sacrofano, dove sorge la parrocchia che per tanti anni ha ospitato don Waldemar. Abbiamo cenato insieme in un locale rincavato in una grotta, tra racconti e risate, una chiusura perfetta per un cammino vissuto con fede e amicizia.

6 ottobre – il ritorno a Karlsruhe
La mattina seguente siamo ripartiti verso Karlsruhe. Non solo verso le nostre case ma verso la vita di ogni giorno, consapevoli che il pellegrinaggio non è finito, continua in ciascuno di noi ogni volta che scegliamo di aprire una porta, di varcare una soglia, di servire con libertà e speranza.

*Tamara Zorretti e Francesco Patrone sono due giovani che frequentano la missione di Karlsruhe.
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