Dedicato al tema della sinodalità „Il sinodo della Chiesa Cattolica, il Synodaler Weg e la loro incisività nelle nostre comunità“, si è svolto al Priesterseminar di Limburg lo scorso 21-22 settembre ’24, l’annuale Convegno laici al quale hanno partecipato rappresentanti delle comunità cattoliche italiane in Germania. Solo il numero di posti a disposizione nella struttura ha stabilito il limite a numeri dei partecipanti, che è stato di una cinquantina.
Uno degli aspetti trattati dal Convegno Laici ’24 è stata la conversazione dello Spirito, metodo utilizzato dal Sinodo universale e applicabile anche nelle comunità ecclesiali di base. Paola Franchina, licenza in teologia fondamentale e vicepresidente dell’Associazione Casa Alta (Trieste), ha illustrato i presupposti della conversazione dello Spirito, che qui riportiamo:
La conversazione dello Spirito (di Paola Franchina)
Il Popolo di Dio si è messo in cammino da quando, il 10 ottobre 2021, Papa Francesco ha convocato la Chiesa intera in Sinodo. L’interrogativo di fondo è il seguente: «come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale), quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?».
Come lavora l’assemblea sinodale?
Con il metodo della conversazione dello Spirito o conversazione spirituale. Questo è un metodo che può essere usato anche nelle comunità ecclesiali di base?
Il termine “Conversazione nello Spirito” ha origine nella spiritualità di Ignazio di Loyola. Il concetto indica un dialogo che non avviene solo a livello umano, ma con una consapevolezza spirituale profonda in cui si cerca di discernere la volontà di Dio attraverso l’ascolto reciproco e la condivisione delle intuizioni spirituali.
Dalle Scritture abbiamo indicazioni importanti. Vediamone alcune:
Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé.
La Rivelazione allora comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione.
Spirito, in ebraico (ruah, soffio, respiro)
Rivelativa, in tale senso, appare l’analisi dei sostantivi nefes e basar, convenzionalmente tradotti con anima e corpo. Nel Dizionario dell’Ebraismo di Mircea Eliade (grande storico delle religioni del secolo scorso) nella voce Anima (concezioni ebraiche) si vede come le parole ebraiche indicanti il concetto di anima, all’origine non si riferivano alla dimensione sovrannaturale, quanto piuttosto alla facoltà del respirare. Sebbene, dunque, la Bibbia operi una distinzione tra lo spirito e la carne, siamo ben lungi da quella forma di dualismo che è propria della mentalità greca.
Questa premessa è importante per capire che il termine ebraico nefes non deve essere compreso secondo il senso comune, che relega l’anima nella sfera eterea, incontaminata dal corpo, nefes indica piuttosto, «l’alitare» e «le sue qualifiche specifiche emergono in ordine alla forma, ossia all’aspetto del corpo, e, soprattutto, al movimento, ossia alla tensione del corpo umano verso qualcosa» (Bonaccorso, Il corpo di Dio, 16,17).Così, il termine basar, che convenzionalmente viene tradotto con corpo, è a tal punto «connesso al termine che designa l’anima, che, talvolta, può sostituirlo»: esso, infatti, esprime «un coinvolgimento tale che l’anima è quel modo di essere del corpo che lo qualifica come vivo, e il corpo organico come il luogo che qualifica la vitalità dell’anima» (Bonaccorso, ivi, 17).
L’antropologia ebraica, dunque, muove dall’effettivo, dal concreto sia per quanto riguarda l’uomo, che la sua relazione con Dio: quest’ultima, infatti, non si gioca sul piano dell’interiorità, ma prende forma nell’insieme degli eventi che si realizzano nell’esperienza.L’impossibilità di prescindere dal corpo si evince con chiarezza anche nei testi neotestamentari: un riferimento privilegiato appare il vangelo di Giovanni, in cui emerge la centralità del corpo che Dio assume in Cristo. Il rendersi carne [σάρξ] del Verbo lascia trasparire che «il rapporto fondamentale tra Dio e l’uomo è in questa carne di Cristo, il cui compimento è nella risurrezione del corpo».
Nell’ottica neotestamentaria, dunque, non solo si mantiene la prospettiva unitaria propria della mentalità ebraica, ma si giunge a sottolineare in modo ancor più radicale che la salvezza prende la forma della dinamica corporea, quale luogo vivificato dalla potenza di Dio.
Queste considerazioni sono importanti per non cadere nel rigido dualismo che vede il corporeo e singolare quali spazi di non verità, dualismo che procede dalla cultura greca, la quale contribuisce significativamente a virare la riflessione in direzione di una lettura pregiudiziale del corpo.
La Rivelazione allora non è qualcosa di altro rispetto al divenire esperienziale che deve essere intuito dall’intelletto, ma chiede di essere intesa «nella forma del racconto che raccoglie la storia senza pretendere di esaurirla» (Bonaccorso, Critica della ragione impura, 139). Rivelazione che si realizza nella dinamica dell’apparire e la cui manifestazione diviene inscindibile dal contenuto.
La Rivelazione prende forma in un sistema complesso di eventi, la cui dinamica non è altro dalla natura ultima di Dio.
Un’immagine icastica dell’importanza attribuita al corpo per la salvezza ci proviene dal testo di Luca 24,36-43, in cui «la narrazione dice in modo molto esplicito che Gesù intende presentarsi non come uno spirito ma come un corpo» (Bonaccorso, ivi, 157). Dinnanzi agli apostoli impauriti che credevano di essere al cospetto di un fantasma [pneuma], Gesù invita loro a toccare e guardare, mostrando mani e piedi. Dopodiché, per rinforzare ancora una volta il suo essere carnale, Cristo chiede loro qualcosa da mangiare: la resurrezione e così la vita spirituale non implicano, infatti, il rifugiarsi in una dimensione metafisica altra rispetto alla corporeità.
La conversazione dello spirito quindi non deve essere una riflessione astratta.
È una riflessione concreta, che muove dalle pratiche e secondo il metodo offertoci dalla rivelazione. Elementi chiave della conversazione dello Spirito:
- Ascolto attento e rispettoso: i partecipanti ascoltano con attenzione e rispetto ciò che gli altri condividono, cercando di cogliere il senso profondo delle parole, oltre il livello superficiale.
- Per ascoltare occorre trovare luoghi e tempi di incontro comunitari, in cui ci si possa dedicare all’ascolto di sé e degli altri.
- Sospensione del giudizio: cercando di evitare di giudicare, o imporre il proprio punto di vista, cercando di comprendere e accogliere le intuizioni degli altri
- Apertura alla guida dello Spirito santo: i partecipanti sono aperti a lasciarsi guidare da un’intuizione più alta, che può emerge dal dialogo comune, e sono disponibili a riconoscere la presenza di Dio nel processo. L’intuizione spirituale può arrivare dalla persona più inaspettata. Pensiamo all’episodio di Numeri 22, dell’asino di Balaam. Quando gli israeliti attraversavano il deserto alla ricerca della terra promessa, Balak, re di Moab è preoccupato per la loro vicinanza e chiama Balaam un profeta rinomato per maledire il popolo d’Israele. Tuttavia, dio proibisce a Balam di accettare questa ricerca. Balaam all’inizio fu riluttante ad accettare e viene persuaso da emissari moabiti che tentano di corromperlo con ricchezze. Quando Balaam accetta di seguirli, l’asino su cui viaggiava di rifiuta di continuare, vedendo un angelo divino sulla strada. Balaam incapace di vedere l’angelo, colpisce l’asino, il quale parò chiedendo motivo dei colpi ricevuti. Questo evendo rivela la presenza dell’angelo al profeta. Balaam allora si inchina e chiede perdono.
- Discernimento comune: attraverso il dialogo, il gruppo cerca di raggiungere una comprensione comune di quale sia la volontà di Dio in quella particolare situazione, prendendo decisioni ispirate dalla fede.
Sottesa vi è dunque la convinzione che lo Spirito muova verso l’armonizzazione di tutte le diversità e consenta di raggiungere una nuova sintesi e di entrare in un processo di riconciliazione, fino a sigillare un patto culturale che faccia emergere una diversità riconciliata. Come sottolinea Lucia Vantini nel testo Smaschilizzare la Chiesa?: Conflitti: avere il coraggio di raccontare la propria esperienza, lasciando che queste creino attrito con le altre esperienze. Confliggere (Evangeli Gaudium) non significa farsi la guerra, ma non rimuovere gli attriti che potrebbero portare ad una soluzione condivida. Dobbiamo imparare a confliggere le differenze che possa portare ad un livello superiore di bene comune. Dobbiamo avere il coraggio di mettere in evidenza le differenze, perché si possa aprire un varco a livello di bene comune.
Relazione. Sinodalità come scambio di doni – Salvatore Tirendi
a partire dalla lettura dell’Instrumentum laboris di luglio.
Alla teologa Serena Noceti*, ecclesiologa, è stata affidata la relazione si sintesi.
pagina in elaborazione…
SERENA NOCETI
è docente stabile ordinario di teologia sistematica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana; tiene corsi presso facoltà teologiche in Italia e in America Latina. Socia fondatrice del Coordinamento Teologhe Italiane; è stata vice-presidente dell’Associazione Teologica Italiana (2011-2019) .
Fra le sue pubblicazioni, dedicate in particolare alla ecclesiologia al ministero ordinato, alla teologia di genere e alla catechesi: S. Dianich – S. Noceti, Trattato sulla chiesa, Queriniana, Brescia 2002; Diacone. Quale ministero per quale chiesa?, Queriniana, Brescia 2017; con R. Luciani, Sinodalmente. Forma e riforma di una chiesa sinodale, Nerbini, Firenze 2022.
È curatrice con Roberto Repole del Commentario ai Documenti del Vaticano II, EDB, Bologna 2014-2022 (9 volumi).