Com’è nato il Corano?

314
Sūra al-Fātiḥa del Corano scritta su una scapola di un dromedario. Princeton University Library, Department of Rare Books and Special Collections (Manuscripts Division, Islamic Third Series, no. 295), commons.wikimedia.org

Proponiamo una serie di articoli per comprendere alcuni aspetti fondamentali dell’Islam, religione monoteistica insieme al giudaismo e al cristianesimo. Ci aiuta in questo don Marwan Youssef, greco cattolico, di madrelingua araba, nato e cresciuto in Libano, dove convivono cristianesimo e islam. (Udep)

  • di Marwan Youssef

Avevamo precedentemente visto la visione musulmana del Corano (La differenza fra “Tanzil” e Rivelazione cristiana | Delegazione-mci), come libro sacro Munazzal, ossia fu fatto discendere giù e quindi eterno, non creato. Per capire meglio questo dogma, ho paragonato il concetto di “rivelazione” a quello di “Tanzil”. In questo articolo, vorrei dipingere invece un panorama storico-critico sulla formazione del Corano, in quanto prodotto letterario nella storia di un popolo preciso, cioè gli arabi. Il Corano secondo i racconti dei sei libri (Sahih al-Bukhari, Sahih Muslim, Sunan abi-Dauud etc.) della tradizione/magistero musulmano, ebbe cinque fasi redazionali incisive della sua storia che qui esporremo.

La prima fase ebbe luogo durante la vita di Maometto (cfr. la raccolta degli Hadith in Sahih Al Bukhari, Hadith [discorso, detto, insegnamento] no. 5003 [secondo la versione originale araba]), laddove tanti compagni (Sahaba) come Abu-Bakr, Ali, e segretari (scribi della “rivelazione”) come Ibn Messud, Ubei Bnu Kaab hanno messo per scritto ciò che sentivano dire dalla bocca di Maometto stesso. Questo processo produsse le “Suhuf”, le pagine singole su di cui venne scritta una Sura oppure alcuni versetti. Fino a quel momento, ovvero fino al 632 d.c, anno di morte di Maometto, non c’era ancora un libro sacro chiamato “Corano”, bensì versetti sparsi e collezioni singole di una o più “Suar” (pl. di Sura, cioè capitolo), scritti su pietre, pergamene, ossa di animali ecc… (cfr., S. Al Bukhari haddith no. 4679).

La seconda fase è un insieme di due tentativi dei Sahaba (compagni): il primo tentativo è quello intrapreso da Abu-Bakr (1° califfo 632-34 d.c) e Umar (2° califfo 634-44 d.c; cfr., S. Al Bukhari haddith no 4986); il secondo tentativo è concluso dal terzo califfo, Othman (644-656 d.c; cf., S. Al Bukhari haddith no 4987-88). A seguito di un’ondata di apostasia ci furono guerre civili e repressioni condotte dai califfi contro quei musulmani che, dopo la morte di Maometto, a causa delle diversità e delle discrepanze semantiche ed ortografiche dei testi coranici (cfr., Al Bukhari haddith no. 4987-88) lasciarono l’Islam per riabbracciare le loro religioni d’origine (cristianesimo, giudaismo, paganesimo). Nel primo tentativo, Abu Bakr non fece altro che raccogliere il materiale sparso che conteneva spesso sia doppioni sia differenze del testo consonantico arabo. Con Othman invece il materiale raccolto da Abu Bakr venne unificato e uniformato. Othman poi diede ordine che venisse bruciato completamente tutto il materiale raccolto da Abu-Bakr (cfr. S. Al Bukhari haddith no 4987-88) e anche quello messo per scritto ancora durante la vita di Maometto, eliminando così ogni prova fisica di discrepanza o contraddizione del testo consonantico dei Suhuf scritti dagli segretari (ascoltatori e ricevitori) diretti di Maometto. In questo modo vide la luce il primo Corano, scritto e scandito secondo il dialetto arabo della tribù di “Quraish”, la tribù di Maometto. Dopo questa unificazione e rettifica, Othman ordinò che si facessero cinque copie, e venissero inviate alle cinque capitali del nascente impero musulmano: Damasco (Siria), Medina e Mecca (Arabia Saudita), Basra e Cufa (Iraq).

La terza fase. Nonostante l’eliminazione delle discrepanze del primo materiale e la sua unificazione irrevocabile (a causa della distruzione definitiva del materiale primario), nacquero in meno di cinquant’anni centinaia di versioni testuali coraniche, chiamate tutt’ora “letture coraniche” tanto che Ibn Mujahid (245-324 Egira, d’ora in poi A.H) dovette rifiutare decine di letture, dichiarandole “shauaddh” ossia difettose, e che invece furono considerate canoniche del suo predecessore “Al Tabari (217-310 A.H)”. Ibn Mujahid scrisse un libro “Kitab al Sabaʿah” (il libro delle sette letture), in cui presentò la sua collezione di sette letture canoniche. Di queste, sono considerate anche nella nostra epoca come canoniche, fa parte dunque il Corano di Hafs (narratore e trasmettitore 709–796 d.c/ 87-174 A.H) da Asim (maestro Lettore del testo coranico † 745 d.c/123 A.H), utilizzato oggigiorno nel Medioriente e in Egitto, mentre nel resto del Nordafrica viene utilizzata la lettura del narratore Warsh [728–813 d.c/106-191 A.H]) dal maestro lettore Nāfiʿ [689–785 d.c/ 67-163 A.H].

Attenzione però a non confondere la collezione delle sette letture con la tradizione dei “sette modi” (Sab’at Ahruf) di cui parlò Maometto mentre viveva ancora, e che probabilmente significano sette dialetti arabi. Questi “sette modi” o meglio (Sab’at Ahruf) di fatto, sparirono dopo che Othman ordinò di bruciare tutto il materiale primo del Corano già tra 650 e 655 d.c. (Oltre al fatto che, la teoria stessa dei Sab’at Ahruf, non fu altro che il primo tentativo di Maometto di spiegare le discrepanze dei versetti raccolti da due scribi, testimoni diretti della “rivelazione”). (cfr., Sahih Al Bukhari, Hadith no° 2419).

La quarta fase rimanda a un altro studioso nel campo delle letture coraniche ossia Ibn al-Jazari (1350-1439 d.c /728-817 A.H). Questi, aggiunse altre tre letture canoniche (prima considerate difettose) a quelle di Ibn Mujahid. Si noti che a questo punto si hanno dieci letture.

La quinta fase invece fu intrapresa dall’impero ottomano, quando imposero il testo di Hafs da Asim già nel 1928, come testo ufficiale in tutto l’impero, scartando e seppellendo nelle acque del Nilo le altre nove letture senza peraltro qualificarle come difettose e dopo aver corretto tanti errori ortografici degli scribi che avevano trasmesso la lettura di Hafs. Così, solo dopo il 1928 il mondo islamico ebbe il testo coranico unico, unificato, rettificato, corretto e ufficiale, sotto il titolo “il Corano nel Rsam (descrizione; disegno; figura e quindi lo scheletro consonantico) othmanico (dal califfo Othman)” a cui sono stati aggiunti naturalmente i segni diacritici e le vocalizzazioni nella forma finale come la conosciamo oggi. Infine, questo articolo è un riassunto di una storia redazionale coranica ancor più complicata. Nei prossimi articoli cercheremo di colmare le lacune inevitabili di questa sintesi.